L’Afghanistan è il principale produttore al mondo di oppio. Con l’87 per cento dei semi di papavero prodotti, il paese copre il 52 per cento del proprio Pil per un giro d’affari di 3 miliardi di dollari, dei quali solo 500 milioni restano nel paese. La gran parte dell’oppio infatti finisce nel mercato illegale della droga, mentre nel mondo inizia a registrarsi una notevole carenza di oppiacei per la terapia del dolore. Perché allora non acquistarne legalmente dai coltivatori afghani una buona parte e trasformarlo in farmaci? L’idea era già stata proposta da Emma Bonino all’indomani della missione Ue per le elezioni del 2005 a Kabul e dall’organizzazione non governativa Senlis Council. Ora è il neo ministro degli Interni Giuliano Amato a rilanciarla a margine del G8 da Mosca.
L’acquisto trasparente a fini farmaceutici, che qualche esponente politico auspica ora anche per la foglia di coca dei paesi andini, infatti, oltre ad arginare i traffici di droga colmerebbe le carenze di oppio esistenti: se in Italia, infatti, l’uso di questo analgesico e degli altri derivati da sostanze psicotrope per fini medici non riesce a sfondare, nei paesi in via di sviluppo esso è totalmente assente. In Afghanistan, dopo una leggera riduzione delle aree adibite alla produzione di papavero, dal 2002 la produzione è tornata a crescere, come anche il passaggio dei carichi di droga verso la Russia diretti nei paesi europei. La produzione per il 2005 è stata di circa 4100 tonnellate. Un traffico gestito direttamente dai signori della guerra, ma anche l’unica fonte di sostentamento per le famiglie dei contadini.
“L’oppio è l’ingrediente principale per produrre morfina e codeina, nella Lista delle Droghe Essenziali redatta dall’Oms in quanto analgesici fondamentali per le terapie del dolore. La produzione delle piante necessarie per la raffinazione di sostanze usate in varie terapie, dall’oppio alla cocaina, resta illegale nella stragrande maggioranza dei paesi del mondo”, spiega Marco Perduca, segretario della Lega Internazionale Antiproibizionista ed esponente de La Rosa nel Pugno, che ora intende chiedere al governo l’avvio di un progetto pilota di coltivazione legale di oppio in Afghanistan. “Solo in Francia, Ungheria, Spagna, Australia, India e Turchia la coltivazione di oppio a fini medici è legale (per una produzione di circa 400-500 tonnellate di morfina equivalente) e avviene su licenza rilasciata dalle Nazioni Unite. Queste nazioni devono perciò soddisfare la domanda legale che viene dagli altri paesi e non sono disposte a rinunciare alle proprie quote”.
Ma l’offerta non riesce a coprire la crescente domanda di oppiacei. Secondo i dati del 2003 della Giunta Internazionale per il Controllo dei Narcotici (Incb) in soli sei paesi si consuma il 79 per cento della produzione globale di morfina, mentre i paesi in via di sviluppo, che rappresentano circa l’80 per cento della popolazione mondiale, ne utilizzano solo il 6 per cento. Dato allarmante tanto più se si pensa che, secondo previsioni dell’Oms, entro il 2015 qui vi saranno 10 milioni di casi di cancro all’anno. Nello stesso Afghanistan, che abbonda di oppio, non ci sono farmaci e le operazioni si effettuano senza anestesia.“Per trasformare in azioni concrete la proposta di Amato bisogna rivedere il nostro regolamento interno”, continua Perduca. “Da noi la prescrizione di morfina è sottoposta a un regime particolare e controllata dal Ministero della Sanità. Quando la domanda da parte dei medici è crescente, il Ministero chiede all’Onu un aumento dell’importazione, che però non può essere superiore del 10 per cento rispetto a quella dell’anno precedente. C’è poi da dire che gli stessi medici cercano di non abusare della sostanza impedendo un pieno sviluppo in Italia della terapia del dolore”.
Il nostro paese è infatti al 103simo posto, insieme alla Bulgaria, per l’utilizzo della morfina contro il dolore. “Serve perciò una campagna di promozione e uno studio per quantificare l’aumento della domanda reale negli ultimi 10 anni analizzando anche fenomeni come l’immigrazione. Dopo di che si può, insieme agli altri partner europei, chiedere all’Onu che questa crescita della domanda venga soddisfatta dall’Afghanistan concedendogli le licenze per la produzione legale di oppio per fini medico-scientifici”. Perduca ipotizza anche la creazione di magazzini speciali di oppio umanitario da destinare ai paesi in caso di emergenze. Secondo l’Incb infatti le conseguenze dell’attuale scarsità di oppiacei si potranno “aggravare nel corso di crisi, siano esse umanitarie o legate a disastri naturali (come lo Tsunami del dicembre 2004), dato che certe sostanze essenziali fanno parte dei prodotti necessari per cure di primo soccorso che dovrebbero essere disponibili in qualsiasi momento e nelle dosi adeguate per far fronte ai bisogni medici della maggioranza della popolazione”.