Ore 10, lezione di computer

    I nostri figli faranno a meno degli insegnanti? Internet e Cd-rom riusciranno a ristrutturare il sistema scolastico italiano, dagli asili alle università? Come potranno i docenti fronteggiare l’avanzata del “computer per ogni banco”, prevista dal progetto di riforma del ministro della Pubblica istruzione Luigi Berlinguer? Di queste e altre provocazioni si è parlato al convegno “Compagno di banco. Le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni a scuola”, organizzato dalla Fondazione Ibm Italia e svoltosi a Roma nei giorni scorsi.

    “Se entriamo in un qualunque luogo di lavoro (banca, ospedale, studio professionale) lo troviamo radicalmente cambiato rispetto a trent’anni fa. La scuola no. E questo non solo in Italia, ma in molti altri paesi”, osserva Francesco Antinucci, dell’Istituto di Psicologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma. Le cause di questa rigidità sono da cercare, secondo Antinucci, nelle modalità di apprendimento e di trasmissione della conoscenza: il sistema scolastico – che suddivide gli alunni in fasce di età, e separa le diverse materie – è stato costruito sulla base di un apprendimento, quello simbolico-ricostruttivo, centrato sulla stampa e sui libri di testo.

    In altre parole la scuola attuale sarebbe lo specchio di una tecnologia che per certi versi ha fatto il suo tempo. Accanto a questo tipo di apprendimento, però, ne esiste un altro: quello percettivo-motorio, legato all’esperienza, molto più primitivo e potente. Ora, le nuove tecnologie – non solo computer e multimedialità, ma anche cinema e televisione, che hanno già cambiato il nostro modo di vedere il mondo – consentono di tornare proprio a questo tipo di apprendimento.

    Ma secondo Roberto Maragliano, dell’Università La Sapienza di Roma, “la multimedialità ha caratteristiche potenzialmente “velenose” per la struttura scolastica italiana”. Una scuola collegata a Internet, e dunque aperta al mondo, è fortemente in contrasto con l’idea della scuola come “riserva” di trasmissione del sapere. E il ruolo dell’insegnante, come dispensatore di conoscenza, può essere radicalmente destabilizzata dall’uso di tecnologie che gli alunni padroneggiano meglio dei loro maestri.

    La multimedialità può allora diventare vincente solo se alleggerisce i contenuti e le modalità di apprendimento: se diventa cioè, come ha prefigurato Nicholas Negroponte, il punto di incontro del meglio della stampa, della Tv di intrattenimento e del videogioco. Ovvero serietà, leggerezza e interattività messe insieme.

    In questi scenari futuribili, che ne sarà degli insegnanti di oggi? La sfida per loro è di sfruttare la tecnologia per “ringiovanire”. Ma questo sarà possibile solo se diventeranno veri utenti di computer, anche al di fuori dell’ambiente scolastico. Se sentiranno cioè la necessità di imparare a “navigare” in rete indipendentemente dalla loro professione, magari con l’aiuto dei loro figli. Non basteranno certo 30 o 40 ore l’anno dedicate all’aggiornamento in tema di informatica a fare di un insegnante un utente “mondano” di computer, in grado cioè di trasmettere ai suoi alunni tutte le possibilità offerte dalle nuove tecnologie. Dovrà avere il computer anche a casa, utilizzare la posta elettronica per convocare i consigli di classe e partecipare a dibattiti in rete. Ma il ministro ha previsto i costi per una classe insegnante interamente internettizzata?

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