È una scoperta che rivoluziona la conoscenza dell’alimentazione umana e scardina le certezze dei fautori della paleodieta, molto di moda negli anni passati. Perfino l’uomo del Paleotico infatti consumava cereali complessi. La scoperta è stata presentata qualche giorno fa a Firenze al convegno “La prima farina in Toscana Alle origini dell’alimentazione”, promosso nell’ambito delle iniziative per Expo 2015.
Sono passati 30 mila anni da quando a Bilancino, lungo la Sieve, un insediamento di Homo sapiens lascia tracce del suo passaggio e delle sue abitudini. A metà degli anni Novanta due studiose, Anna Revedin dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria e Biancamaria Aranguren della Soprintendenza Archeologica della Toscana, alla guida di un gruppo di ricerca archeologica avvistano alcune pietre che l’occhio esperto identifica come un’antica macina e un pestello. L’analisi al microscopio elettronico e al carbonio 14 conferma l’ipotesi e rivela la scoperta: sulle pietre ci sono tracce di amido risalenti a 30 mila anni prima.
“I granuli di amido rinvenuti a Bilancino sono la più antica testimonianza diretta dell’uso alimentare delle piante e ci raccontano come ben prima dell’avvento dell’agricoltura l’uomo sapesse non solo riconoscerne le proprietà ma fosse già in grado di trattarle per il consumo – sottolinea Revedin – È una vera rivoluzione nella conoscenza del regime alimentare umano perché si ipotizzava che le popolazioni nomadi del Paleolitico superiore fossero essenzialmente carnivore.” Ma di quali piante si nutrivano gli Homo sapiens di Bilancino? Le analisi condotte dal Dipartimento di Biologia vegetale dell’Università di Firenze hanno permesso di identificare varie specie, ma fra tutte prevale la Tifa (Typha latifolia L), detta anche stiancia o mazzasorda, una pianta molto diffusa nelle palustri e lungo i corsi d’acqua che produce una farina ricca di fibre e carboidrati complessi e priva di glutine.
Ma la Tifa può tornare ad essere un cereale utilizzato nella dieta di chi, per esempio, è intollerante al glutine o soffre di celiachia? Dopo la scoperta il gruppo archeologico ha sperimentato proprio la preparazione di un cibo fatto con farina di tifa e cotto su di un focolare ricostruito sul modello di quello rinvenuto a Bilancino. Pare che la “galletta paleolitica”, preparata con i rizomi seccati e macinati avesse un buon sapore. D’altronde la pianta è già conosciuta in cucina e presenta diverse parti che possono essere cucinate.
In attesa di cure per la celiachia, malattia ‘sociale’ che incide sull’1% della popolazione e che registra una crescita costante (Italia sono 164.492 i malati, 15.830 in più rispetto all’anno precedente, secondo la Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia 2013, presentata nel dicembre scorso), la Tifa potrebbe incrementare il paniere di cereali consentiti nella dieta degli intolleranti al glutine.
Credits immagine: Anna Revedin/Soprintendenza Archeologia della Toscana
Questo articolo è stato prodotto in collaborazione con il Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara
Ma la scoperta, come scritto, risale appunto agli anni ’90 ed è stata gia discussa in moltissime sedi. Non che non sia interessante, ma non si tratta, di fatto, di una novità.