“This is Luca. I’m ready for the event”. Le prime frasi di Luca Parmitano – l’evento cui si riferisce è la videochiamata con l’Asi a due giorni di distanza dalla sua passeggiata spaziale – sono fredde e professionali. Quasi robotiche. Ma qualche attimo dopo il nostro astronauta si scioglie e torna un essere umano.
Giocherella con il microfono, Parmitano, lo lascia sospeso a mezz’aria. E poi, con la perfetta nonchalance di chi è ormai perfettamente abituato alla gravità zero, sorride e lo riacchiappa al volo per parlare. Dell’Eva appena conclusa, naturalmente. Ma anche di quella ancora da effettuare, in programma per la settimana prossima: “Abbiamo appena finito di configurare gli strumenti per la prossima Eva. Stavolta uscirò per primo. È un onore per me, perché significa essere il leader della squadra. Nelle sei ore e un quarto trascorse nello Spazio, abbiamo preparato la Stazione per l’arrivo della capsula russa Nauka. Abbiamo posato dei cavi, che nella prossima uscita collegheremo e porteremo da una parte all’altra della Stazione”.
L’astronauta ha anche in serbo delle sorprese per chi lo sta guardando. “Ve ne ho preparate due”, racconta. E mostra il guanto che ha indossato durante l’Eva: “Ora sembra morbido, perché non è pressurizzato. Ma quando ero là fuori era completamente rigido. Ricordo che muovere le dita era come schiacciare una pallina da tennis. Un’attività stancante, se si protrae per oltre sei ore“. Poi è la volta di una specie di arma esotica: “Non è una pistola, non preoccupatevi. Si tratta del Pgt, il Pistol Grip Tool, un cacciavite di precisione azionato dal computer. Ci è stato molto utile per lavorare”.
Naturalmente, passeggiare nello Spazio è ben diverso dal farlo sulla Terra: “Durante un’Eva”, continua Parmitano, “le cose non vanno mai esattamente come previsto. Nel nostro caso, per esempio, Chris [Cassady, il collega di Parmitano, nda] ha avuto problemi nel dipanare uno dei cavi che avremmo dovuto posare. Era rimasto raggomitolato per oltre dieci anni e c’è voluta molta forza per svolgere la matassa. Quindi non ha potuto aiutarmi e ho dovuto compiere alcune operazioni da solo. Ma è andato tutto bene, nel complesso. Siamo riusciti anche a preparare un po’ del lavoro per la prossima uscita”. Il momento più emozionante è stato l’uscita dalla camera stagna della Stazione: “Nonostante avessi una grande calma interiore e fossi sicuro di quello che avrei dovuto fare, è stato un momento di grante impatto emotivo. Dal momento che ero il secondo a uscire, ho messo fuori prima i piedi, come vuole la prassi [il primo astronauta a uscire, invece, fa capolino con la testa, nda] e mi sono sentito per un momento ribaltato. Ma poi, ripreso l’equilibrio, ho visto la Terra scorrere sotto di me. E poi c’è stata l’alba”, racconta emozionato. “Non è uno spettacolo per cui l’uomo è pronto. Non si può descrivere a parole: la Terra, vista dallo Spazio, è un vero gioiello”.
Passeggiata a parte, Luca sta facendo anche altro. Perché, come ha ricordato Enrico Saggese, presidente Asi, “l’astronauta è un po’ scienziato e un po’ cavia”. Parmitano, infatti, si sta sottoponendo a diversi esperimenti medici per comprendere cosa succede al corpo umano in condizioni cosìdiverse da quelle standard: “Sto seguendo una dieta particolare, che si chiama Prokey, basata sul bilanciamento di proteine animali e potassio, con l’obiettivo di minimizzare la perdita di calcio dalle ossa. Anche la vista nello spazio può cambiare: sto eseguendo una serie di ecografie per valutare quello che succede alla cornea”. E, infine, qualcosa di utile anche per chi sullo spazio non ci andrà mai: “Stiamo testando un piccolo ecografo a ultrasuoni per monitorare la spina dorsale. Si tratta di una macchina dalle dimensioni estremamente ridotte, che potrebbe sostituire i grandi strumenti per la risonanza magnetica e rappresentare un’attrezzatura facilmente trasportabile anche nelle zone meno raggiungibili”.
Infine, Parmitano parla del futuro. E lo fa, anzitutto, a nome dell’Italia. “L’Eva”, racconta, “è un’esperienza importantissima per l’ esplorazione spaziale. E ora anche il nostro paese ha il know-how per poter sviluppare nuovi sistemi e contribuire alla ricerca scientifica. Personalmente, comunque, penso che chi si ferma è perduto. Voglio tornare sull’Iss, magari con un ruolo più importante, per tenere alto il nome dell’Italia e dell’Asi. Perché più in alto si mira e più in alto arriverà la freccia”. Mostra qualche titubanza solo su un’eventuale missione di sola andata su Marte: “Se voglio partecipare? Non saprei. Bisognerebbe prima chiedere a mia moglie e alle mie figlie”.
Via: Wired.it
Credits immagine: Nasa/Asi
Ciao! volevo solo dirti che Parmitano NON ha salutato le figlie. Il forte abbraccio era riferito alle persone collegate in diretta dall’Asi. E, in particolare, alle addette stampa Pina e Franca. Che NON sono le figlie, ovviamente
Gentile lettrice, grazie per la segnalazione. Abbiamo provveduto a correggere il testo e ci scusiamo per l’errore.