Il Pentagono apre la caccia agli Ufo, anzi agli Uap

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Gli Stati Uniti hanno aperto ufficialmente la caccia agli ufo. Da qualche settimana, infatti, nel Dipartimento della Difesa americano esiste un programma dedicato allo studio dei fenomeni aerei non identificati, i cosiddetti Uap (unidentified aerial phenomena). Quanto di più simile a un ufo (unidentified flying object) si può chiedere al Pentagono di prendere sul serio, almeno in via ufficiale. 

Il nuovissimo Airborne Object Identification and Management Synchronization Group indagherà su ogni nuovo avvistamento nello spazio aereo americano, e si occuperà anche di studiare le teorie scientifiche sulla natura, l’origine e la provenienza degli Uap. Ad affiancarlo, anche il progetto Galileo, un’iniziativa scientifica (per quanto controversa) che in primavera inizierà a scandagliare i cieli alla ricerca di oggetti non identificati, nella speranza di trovare le prove dell’esistenza di forme di vita aliene. L’ossessione americana per gli ufo, insomma, sembra più viva che mai.

Fenomeni aerei non identificati

Quando si parla di avvistamenti ufo, spesso ci si riferisce a strane luci, forme nel cielo, fotografie sfocate o video sgranati di pochi secondi, che possono rappresentare oggetti volanti tanto quanto fenomeni fisici o artefatti fotografici. È anche per questo probabilmente che oggi la comunicazione istituzionale americana ha scelto di ribattezzare gli ufo fenomeni aerei non identificati, per sottolineare il fatto che non si tratta necessariamente di veicoli o oggetti volanti veri e propri. 


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Nonostante lo scetticismo d’obbligo sulla loro natura extraterrestre, gli Uap sono un fenomeno reale, tornato alla ribalta lo scorso anno con la pubblicazione dell’ormai celebre rapporto d’intelligence sugli avvistamenti ufo richiesto dal Congresso americano. Un documento di poche pagine, che analizza 144 avvistamenti di misteriosi oggetti volanti da parte del personale militare americano avvenuti tra novembre del 2004 e marzo del 2021.

Tra tutti gli avvistamenti analizzati, il rapporto ammette che in un solo caso si è riusciti ad identificare con sicurezza la natura dell’Uap: un grande pallone che si stava sgonfiando e perdeva quota. In 18 casi gli avvistamenti mostravano pattern di volo inusuali, potenzialmente ricollegabili a tecnologie sconosciute: oggetti in volo a velocità estreme, oggetti volanti stazionari, o che sembravano dimostrare un’eccessiva manovrabilità, senza una fonte propulsiva riconoscibile. 

Tra tutti gli avvistamenti analizzati, il rapporto ammette che in un solo caso si è riusciti ad identificare con sicurezza la natura dell’Uap

Il rapporto non conferma nessun avvistamento di tecnologie aliene, né sembra prendere seriamente in considerazione questa spiegazione, ma ammette che sarebbe importante approfondire lo studio degli Uap per stabilire in quale di queste possibili categorie rientrino: oggetti volanti assolutamente normali, come uccelli, buste di plastica o palloni aerostatici, scambiati per fenomeni misteriosi; tecnologie top secret sviluppate da nazioni avversarie; tecnologie innovative in fase di sviluppo negli Stati Uniti; fenomeni naturali; altro: e qui, ovviamente, c’è spazio per tutto, alieni compresi.

Il nuovo programma

Nel rapporto dello scorso giugno l’intelligence americana sottolineava di non ritenere probabile che gli avvistamenti misteriosi nei cieli statunitensi siano riconducibili a tecnologie belliche di nazioni avversarie. Ma non può neanche escluderlo con certezza. E anche se non si trattasse di aerei o sonde spia russe o cinesi, il fatto che gli avvistamenti siano così numerosi, e che in diversi casi abbiano costretto aerei militari americani a virate d’emergenza per evitare una collisione, rappresentano un buon motivo per classificare il fenomeno degli Uap come un potenziale rischio per la sicurezza nazionale. Da qui, la nascita del nuovo gruppo di lavoro del Pentagono, la cui creazione è stata decretata nel National Defense Authorization Act per il 2022, votato dal Congresso americano a dicembre.

Di cosa si occuperà concretamente? L’attività dell’Airborne Object Identification and Management Synchronization Group – si legge in un comunicato stampa del Dipartimento della Difesa – sarà principalmente quella di coordinare gli sforzi di tutte le agenzie governative volti a individuare e identificare gli Uap nei cieli americani. La legge che sancisce la nascita del gruppo va un po’ più nel dettaglio: si parla di lanciare programmi scientifici per testare teorie, materiali e tecnologie che possano spiegare le capacità di volo degli Uap, e di investimenti per tentare di replicare le caratteristiche e le performance degli eventuali oggetti non identificati che verranno avvistati. 


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Nulla di estremamente concreto quindi, almeno per il momento, ma si tratta pur sempre di un inizio. E anche se il governo e la difesa americani non considerano realmente la possibilità che siano piccoli alieni verdi a guidare gli Uap nei cieli del paese (gli oggetti non identificati sono studiati come potenziali minacce alla supremazia aerea americana da parte di potenze ostili), per chi immagina che la verità sia là fuori (come recitava lo slogan di X Files) si tratta pur sempre di un grande passo in avanti. Anche perché in passato, simili programmi sono effettivamente stati portati avanti se non in segreto, quanto meno con molta attenzione a non attirare sguardi indiscreti.

Il progetto di Harvard

A differenza del Seti, che cerca da anni le prove dell’esistenza di civiltà aliene monitorando i segnali elettromagnetici provenienti da altre stelle, il progetto Galileo andrà alla ricerca di oggetti veri e propri: satelliti alieni segretamente in orbita attorno alla Terra, altri oggetti interstellari che, come Oumuamua, potrebbero rivelarsi in realtà astronavi o reperti di civiltà aliene, Uap e altri fenomeni misteriosi nei cieli del nostro pianeta, che tradiscano lo zampino degli extraterrestri. Per farlo Loeb sta preparando un po’ di tutto: telescopi, telecamere a infrarossi, software guidati dall’intelligenza artificiale con cui analizzare le immagini catturate dai suoi strumenti alla ricerca di oggetti misteriosi.


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L’inizio delle operazioni è previsto per la primavera di quest’anno: un sistema di telescopi sarà montato sui tetti di Harvard, e registrerà a ciclo continuo l’intera volta celeste, nello spettro visibile, nell’infrarosso e su diverse bande radio. Quando questo primo prototipo sarà stato testato a dovere, Loeb prevede di distribuirne altri simili in molte altre aree geografiche del pianeta, per ottenere una rete di osservatori pronti a captare il minimo indizio di sospette attività aliene. A quel punto, se davvero qualche extraterrestre si nasconde nei cieli del nostro pianeta sarà solamente questione di tempo prima che si tradisca, e venga identificato dai sensori del programma Galileo. La priorità diventerebbe quindi scoprire i suoi obbiettivi, nella speranza che non abbia intenzioni ostili. Un problema la cui eventuale soluzione Loeb rimanda a tempo debito, almeno per il momento.