Siamo parenti stretti, eppure i primati non sono in grado di parlare come noi. Perché? Gli esseri umani sembrano gli unici in grado di controllare in modo flessibile le loro vocalizzazioni, integrando la respirazione, la fonazione e i movimenti del tratto vocale. Dai tempi di Darwin fino agli anni Sessanta del secolo scorso, l’ipotesi più accreditata per spiegare questa differenza era di tipo neurale: i primati mancano dei meccanismi cerebrali necessari alla formulazione di parole. L’altra ipotesi, più accettata negli ultimi decenni, e definita periferica, identificando la causa nelle limitazioni anatomiche a livello vocale tra noi e i nostri progenitori. Un nuovo studio, pubblicato su Science Advances, chiarisce in parte il mistero suggerendo che l’incapacità di parlare sia legata a un’assenza dei circuiti necessari a livello cerebrale.
Il metodo utilizzato dai ricercatori si rifà agli studi precedenti, ma con un approccio più moderno: invece di utilizzare i calchi dell’apparato boccale riprodotti a partire da cadaveri di macachi, gli animali vivi sono stati radiografati per catturare e tracciare i movimenti delle diverse parti anatomiche vocali – come la lingua, le labbra e la laringe – ripresi durante varie azioni oro-facciali. Grazie a Bart de Boer, ricercatore del VUB Artificial Intelligence Laboratory, questi dati sono poi stati convertiti in un modello computerizzato in grado di predire e simulare il range vocale dei macachi.
Questo ha permesso di verificare che tra noi esseri umani e i nostri parenti non ci sono differenze anatomiche significative. I macachi possiedono infatti tutti i tratti anatomici vocali che gli potrebbero permettere di produrre parole umane chiaramente intellegibili, il loro potenziale fonetico è infatti simile a quello umano. Perché allora non riescono a parlare come gli esseri umani?
“La straordinaria abilità vocale dell’uomo risiede nel suo sistema cognitivo” ha spiegato Asif Ghazanfar, della Princeton University e al Princeton Neuroscience Institute, coautore dello studio: “la domanda interessante che segue è: cosa rende così speciale il nostro cervello?”
La comunicazione complessa è il tratto più distintivo dell’essere umano, che ci distingue profondamente anche dai nostri antenati. Sebbene vi siano infatti dei tratti condivisi, che sottolineano i legami di parentela tra noi e i primati – basti pensare alle similitudini tra i vocalizzi dei neonati e il linguaggio dei bonobo – l’evoluzione ha spinto il sistema nervoso umano in un’altra direzione. “Lo studio di Ghazanfar ha dimostrato che gli strumenti anatomici per produrre suoni esistevano già nei nostri progenitori, una scoperta che si rivela molto utile per cercare di comprendere il punto di partenza dell’evoluzione del linguaggio” sottolinea Thore Jon Bergman dell’University of Michigan.
Idea condivisa da Asif Ghazanfar, che rimarca il ruolo dei primati come modello per comprendere lo sviluppo e l’evoluzione del linguaggio, e per studiare quali aree del cervello controllino direttamente la biomeccanica dei movimenti oro-facciali durante la formulazione delle parole. “Conoscere queste dinamiche e capire i passaggi evolutivi dello sviluppo del linguaggio, potrebbe anche aiutarci a comprendere cosa accade nelle situazioni patologiche in cui si verifica l’incapacità di parlare” conclude Ghazanfar.
Riferimenti: Science Advances