Pianeta Terra, 530 milioni di anni fa. Inizia il Cambriano, l’epoca che ha conosciuto il più grande sviluppo di esseri viventi, dai quali discendono molte delle specie attuali. Un periodo unico che non ha avuto eguali prima e che non si è più ripetuto dopo. Fino a 550 milioni di anni fa esistevano infatti pochi organismi, alghe e batteri per la maggior parte unicellulari. Da 100 milioni di anni appena avevano fatto la loro comparsa le prime specie pluricellulari. Nei 2,5 miliardi di anni precedenti il fiume della vita era fluito placido, senza grandi sconvolgimenti. Ma all’improvviso, con il Cambriano, in soli 10-15 milioni di anni si sono sviluppati oltre 600 generi e migliaia di specie, a una velocità di differenziazione biologica superiore di 20 volte rispetto agli altri periodi. Perché? Cosa era successo?
Alcuni ricercatori americani propongono una soluzione al “mistero del Cambriano” che finora ha sfidato tutte le teorie dell’evoluzione. Joseph Kirschvink e David Evans, del California Institute of Technology di Pasadena, e Robert Ripperdan, chimico degli Oak Ridge National Laboratories scrivono su Science che l’esplosione biologica del Cambriano è legata a un evento geologico altrettanto straordinario. Tutto sarebbe dovuto al rapido spostamento di masse terrestri che avrebbe portato i poli all’equatore e, naturalmente, l’equatore ai poli. E questo avrebbe determinato enormi effetti climatici e biologici in grado di accelerare il corso dell’evoluzione.
A questa conclusione i geologi sono arrivati dopo aver studiato per vent’anni il magnetismo delle rocce fossili in Australia e Nord America e misurando la radioattività di alcuni isotopi, alla ricerca della memoria di quel traumatico evento. All’epoca esistevano quattro continenti (Gondwanaland, Laurentia, Baltica e Siberia) che avrebbero ruotato di 90 gradi, determinando l’inversione dei poli. Il fenomeno assomiglia alla cosiddetta “deriva dei continenti”, ma è profondamente diverso. La deriva dei continenti consiste nella migrazione di zolle di crosta terrestre in maniera continua, lenta (pochi centimetri l’anno) e superficiale. La migrazione dei poli, invece, coinvolge tutti gli strati che circondano il nucleo terrestre, crosta, litosfera e mantello per una profondità di migliaia di chilometri, e avviene in tempi molto brevi sulle scale geologiche, a una velocità centinaia di volte maggiore della deriva dei continenti.
Con l’improvviso spostamento di queste masse, la Terra si è stabilizzata con un nuovo equilibrio sul proprio asse di rotazione. E così gli organismi che vivevano nel clima equatoriale si sono trovati “catapultati” nelle regioni polari e viceversa. Le specie che non si sono adattate sono scomparse, mentre altre hanno sperimentato nuove strategie di sopravvivenza. E non solo. La rapida migrazione dei poli avrebbe provocato la frammentazione della superficie in isole, dove, sostengono gli scienziati, la maggiore probabilità di incroci interni ha accresciuto le chance di sopravvivenza. Si è insomma creata una quantità abnorme di materiale su cui il meccanismo della selezione naturale ha svolto la sua opera di “smistamento”.
“Circa 40 specie differenti dei maggiori gruppi animali fecero la loro prima comparsa durante questo periodo”, afferma Joseph Kirschvink. “Ma non è ancora chiara la connessione tra evento geologico ed evento biologico”, ribatte James Valentine, paleontologo dell’Università californiana di Berkeley, secondo il quale i cambiamenti climatici non sono sufficienti a giustificare l’apparire di tante forme viventi in un periodo così breve. A oggi i risultati di Kirschvink e colleghi costituiscono una ipotesi plausibile e affascinante. Ma la loro è soltanto una delle spiegazioni possibili di quell’evento complesso che i biologi definiscono il “Big-Bang della vita”. “C’è ancora molto lavoro da fare”, sostengono gli stessi ricercatori americani.