L’enigma è svelato. Grazie a un ricercatore italiano è oggi possibile distinguere senza ombra di dubbio una cellula giovane da una vecchia. E così capire la causa dell’invecchiamento cellulare: i telomeri corti. Quando cioè queste estremità del Dna diventano troppo piccole scatta una specie di allarme che intima alla cellula di fermare il processo di divisione cellulare e di diventare così “senescente”. Aver individuato il segnale consentirà ora di classificare anche in vivo, cioè direttamente sugli esseri umani, lo stato di vecchiaia delle cellule. A fornire la risposta a un quesito scientifico di lunga durata è stato Fabrizio D’Adda di Fagagna, biologo recentemente tornato in Italia dall’Inghilterra per lavorare all’Istituto di Oncologia Molecolare (Ifom) della Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro sulle pagine elettroniche di Nature online per poi successivamente passare anche su quelle cartacee. La salute di una cellula, giovane o vecchia, è legata al buon funzionamento di una serie di meccanismi metabolici, che assicurano l’approvvigionamento di nutrienti e ossigeno e provvedono a smaltire le sostanze di scarto. Il “ciclo cellulare”, poi, scandisce la vita della cellula e decide quando è il momento di replicarsi, cioè dividersi per originare due nuove cellule. A quel punto il Dna della cellula madre si sdoppia affinché le cellule figlie possano ereditare l’intero corredo genetico. Un processo che però si interrompe quando la cellula diventa “senescente”: essa, pur mantenendo in funzione i propri meccanismi metabolici, non è più in grado di moltiplicarsi. Che le cellule arrivate a un certo punto smettessero di dividersi quindi non è certo una novità. “Ma per seguire questo processo”, spiega D’Adda, “finora eravamo costretti a prelevare un campione di cellule da un tessuto e poi farle duplicare in vitro”. Ogni volta che le cellule si dividono i loro cromosomi si accorciano perché le “punte” del Dna non si replicano. Ecco allora che l’accorciamento dei telomeri è come se fosse un orologio con cui si può misurare l’età cellulare: quando sono troppo corti, la cellula è vecchia. Ma come fa a capirlo? Qual è il segnale che le impedisce di duplicarsi ancora?Le risposte il ricercatore le ha trovate osservando cosa accade quando una cellula giovane ha il Dna danneggiato. “In questo caso il processo di replicazione si ferma e si attivano i meccanismi di riparazione”, spiega D’Adda. Ecco allora l’ipotesi: quando i telomeri sono troppo corti la cellula pensa che il proprio Dna sia danneggiato, prova a ripararlo e, non riuscendoci, rimane bloccata. “Per provare se la nostra idea era corretta siamo andati a vedere se anche nel caso delle cellule vecchie si attivassero gli stessi segnali”, va avanti il biologo. Sotto la lente sono finite così le cosiddette proteine di check-point, le sostanze che lanciando l’allarme arrestano la duplicazione cellulare quando il Dna è rotto. “Abbiamo deciso di staccare la sirena, cioè di inattivare queste proteine, e il risultato è stato che le cellule hanno iniziato di nuovo a dividersi”, conferma D’Adda. “Il che non vuol dire che abbiamo trovato il modo per rendere le cellule immortali”, ammonisce il ricercatore. Nonostante inizino di nuovo a dividersi prima o poi infatti si arresteranno di nuovo. Ma la vera conseguenza interessante della scoperta è che questo segnale d’allarme è facilmente rilevabile in laboratorio, con opportuni marcatori. “Poiché le cellule con l’allarme acceso sono molto probabilmente senescenti, potremo identificarle in vivo, senza doverle mettere in coltura”, va avanti il biologo. Così presto all’Ifom inizieranno a misurare la vecchiaia delle cellule in un essere umano vivente, cercando di capire se le cellule senescenti si accumulano o meno negli anziani. Un’altra non meno importante implicazione della scoperta è nel campo della ricerca sui tumori. Il meccanismo scoperto è infatti una delle forme più importanti di “instabilità genomica”, fenomeno che, in numerosi casi già dimostrati, è coinvolto nell’insorgenza del cancro.