Questo articolo è stato aggiornato il 23 gennaio, relativamente al numero dei casi interessati e alla possibile origine del virus.
2019-nCoV. È il nome del coronavirus che da quasi un mese sta creando allarme tra le autorità sanitarie, in una situazione in continua evoluzione. Al 23 gennaio i casi sarebbero 616 e 25 le vittime, stando a quanto riferito dalle autorità cinesi e riportato da Sky News. Secondo l’Oms, i primi contagi per l’essere umano al momento sono attribuibili ad animali da fattoria e selvatici venduti in un mercato (wet market) della città cinese di Wuhan, da cui molto probabilmente è partito il contagio. Secondo uno studio il virus potrebbe provenire da serpenti – anche questi venduti al mercato in questione. Stando alla ricerca, pubblicata sul Journal of Medical Virology, il virus deriva dalla ricombinazione di un coronavirus del pipistrello (anche questo in vendita) e un coronavirus di origine sconosciuta. I passaggi sarebbero stati dunque due, dal pipistrello al serpente e dal serpente all’essere umano.
Ma la notizia più preoccupante è arrivata lunedì 20 gennaio: 2019-nCoV non solo passa dall’animale all’essere umano, ma è in grado di trasmettersi direttamente tra esseri umani. E sono già stati segnalati casi fuori dalla Cina, da ultimo negli Usa. La capacità di trasmettersi da uomo a uomo aumenta notevolmente le probabilità di contagio per la nostra specie.
Il virus è probabilmente partito come una zoonosi, ovvero come una malattia che passa dagli animali all’uomo, compiendo poi il temuto “salto di specie”, quello che gli scienziati chiamano spillover. Grazie a questo salto, i patogeni riescono non solo a passare da una specie all’altra, ma a possono stabilizzarsi e diffondersi direttamente tra gli individui della nuova specie. Un fenomeno tutt’altro che raro negli ultimi anni. E le cause sono decisamente ricollegabili alle attività antropiche.
I casi più famosi di spillover da coronavirus
Lo spillover è anche detto “salto di specie” perché il patogeno effettivamente “salta” da una specie all’altra (come avviene per le zoonosi) e si stabilizza nel nuovo ospite diventando fattore di infezione intraspecifica. Così pare essere stato anche per il 2019-nCoV, passato dal suo ospite animale all’essere umano per poi diventare fattore di infezione uomo-uomo senza più bisogno dell’altra specie come “vettore”.
Un altro esempio di spillover da coronovirus proveniente sempre dalla Cina è quello della Sars (Severe Acute Respiratory Syndrome). Inizialmente è stata trasmessa dalla civetta delle palme all’essere umano per poi passare alla diretta trasmissione tra individui della nostra specie. A causarla il SARS-CoV, identificato dal medico italiano Carlo Urbani a Hanoi.
Il MERS-CoV è un altro coronavirus responsabile della sindrome respiratoria mediorientale da coronavirus, arrivata agli esseri umani tramite i cammelli. Questa malattia respiratoria ha fatto registrare diversi focolai epidemici tra il Medio Oriente, la Cina e la Corea del Sud. Dati dell’Oms aggiornati a dicembre 2019 parlano di 2499 casi accertati e 861 decessi, per lo più in Arabia Saudita.
Non solo coronavirus
Ma lo spillover non riguarda solo i coronavirus. Il fenomeno può interessare tutti i patogeni che dagli animali riescono a passare all’essere umano per poi stabilizzarsi e continuare a diffondersi nella nostra specie. Anche il temuto virus ebola sarebbe arrivato all’essere umano grazie a un salto di specie. Si crede che i resevoir naturali del virus siano pipistrelli, i quali però se vengono infettati dal patogeno non sviluppano la malattia. Il virus che provoca ebola è molto aggressivo e attualmente è in corso una terribile epidemia nella Repubblica Democratica del Congo che, secondo i dati Oms, in meno di due anni ha provocato più di tremila contagi e oltre duemila decessi a oggi.
Nella Repubblica Democratica del Congo però non è in corso solo la gravissima epidemia di ebola. La popolazione è tormentata anche dalla più grande epidemia di morbillo attualmente in corso con più di 6000 decessi secondo i dati aggiornati in questo mese. E anche in questo caso sarebbe possibile parlare di spillover. Il virus del morbillo che conosciamo tutti, infatti, deriverebbe da un gruppo di virus ancestrali diffusi in varie specie animali. Il salto alla specie umana sarebbe avvenuto probabilmente da bestiame addomesticato centinaia di anni fa.
I fattori che aumentano il rischio di epidemie da spillover
“Tre coronavirus in meno di 20 anni è un forte campanello di allarme”, ha spiegato all’Ansa Ilaria Capua, virologa, a margine della cronaca degli ultimi giorni. Per quanto riguarda il salto tra altre specie animali ed essere umano, questo aumentato rischio è ricollegabile ad attività antropiche che facilitano il contatto diretto tra esseri umani e individui di altre specie. “Sono fenomeni legati a cambiamenti dell’ecosistema: se l’ambiente viene stravolto, il virus si trova di fronte a ospiti nuovi”, continua Capua.
Gli esempi più lampanti sono l’aumento della deforestazione e dei sistemi di allevamento e coltivazione intensivi, come documenta David Quammen nel suo libro “Spillover. L’evoluzione delle pandemie”. Private del loro loro habitat naturale, le specie selvatiche si possono spingere verso le comunità antropiche e entrare in contatto con esse e con gli animali domestici o di allevamento (che possono diventare ospite amplificatore). Aggiungiamo a questo la caccia, il traffico illegale di animali selvatici e il bushmeat. Elemento di possibile contagio è anche la distribuzione su larga scala di alimenti di origine animale non ben controllati.
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