I tardigradi non hanno bisogno di presentazioni, forse. Per chi non li avesse mai incrociati, parliamo di minuscoli invertebrati, grandi al massimo un millimetro, abitanti comuni dei muschi. Hanno otto zampe, un corpo che ricorda quello di un micro verme e contano circa un migliaio di specie. Nel giro di qualche anno, il proliferare di ricerche scientifiche, che ne esaltavano ora questa ora l’altra mirabolante capacità, li ha resi famosissimi. Loro, d’altro canto, ci hanno insegnato a rimanere a bocca aperta: questi esserini sbalordiscono infatti tutti per le loro estreme capacità di resistenza. Mettetegli davanti un ostacolo, una situazione difficile, condizioni estreme, e loro ce la faranno. Li studiamo proprio per questo. Se riuscissimo a comprendere come se la cavano loro magari questo potrebbe tornare utile anche a noi: è per questo che persino la Nasa si è interessa alla loro biologia. Per ora siamo ancora lontani da una reale applicabilità di quanto scoperto su di loro, ma siamo sempre più vicini a capire come riescano ad essere così resistenti.
Biofluorescenza, un altro superpotere dei tardigradi contro gli ultravioletti
Le ultime scoperte sui tardigradi riguardano le loro capacità di resistere alle radiazioni ionizzanti. Le radiazioni ionizzanti – come suggerisce il termine – sono radiazioni in grado di provocare la ionizzazione delle molecole su cui si imbattono. Sono radiazioni ionizzanti i raggi X, ma anche i raggi gamma, i neutroni, le particelle alfa e le particelle beta, estremamente pericolose per cellule e tessuti, e per il dna. Sono infatti considerate cancerogene: possono alterare il dna delle cellule bersaglio facendole morire, o appunto favorire l’insorgenza di mutazioni che possono contribuire all’insorgenza dei tumori. Un gruppo di ricercatori che arriva dalla North Carolina – e che ha una lunga esperienza in fatto di studi sui poteri dei tardigradi – ha scoperto in che modo questi piccoli animaletti riescono a resistere a dosi elevatissime di radiazioni ionizzanti.
Infatti, come raccontano dalle pagine di Current Biology, se la DL50 (la dose capace di uccidere metà della popolazione) per l’essere umano per le radiazioni ionizzanti è di 5 Gray, per i tardigradi si approssima a 4000 Gray. Per capire in che modo fosse possibile questa estrema resistenza, i ricercatori hanno condotto degli esperimenti con la specie di tardigrado Hypsibius exemplaris, prima sottoponendolo ai raggi gamma, poi osservando in dettaglio le risposte cellulari innescate da questo stress. In particolare gli scienziati hanno analizzato come cambiavano la quantità e qualità di molecole di rna messaggero prodotte, per avere in questo modo degli indizi sul tipo di proteine prodotte in risposta. Procedendo per step hanno quindi prima dimostrato che le radiazioni inducono dei danni a livello del dna – come atteso – ma che questi danni venivano quindi riparati e che la riparazione era opera verosimilmente di proteine addette proprio alla riparazione dei danni indotti al dna.
All’aumento del danno, aumentano i sistemi per ripararlo
I dati infatti osservati dicono questo: dopo lo stress con i raggi gamma, nei tardigradi si osserva un aumento degli mrna che codificano per proteine responsabili della riparazione del dna. Effetti simili sono già stati osservati – dai batteri agli esseri umani – ma si tratta solo di modestissimi incrementi, scrivono i ricercatori, al massimo tre volte tanto. In questo caso invece parliamo di aumenti in alcuni casi di 300 volte. Quanto osservato per i ricercatori è abbastanza chiaro: è in questo modo che il tardigrado si protegge. Le radiazioni ionizzanti inducono danno al dna, e i tardigradi schierano una serie di proteine pronte a riparare questi danni. Un meccanismo diverso – o forse complementare, notano gli autori – a quello osservato in un’altra specie in cui la difesa dalle radiazioni è imputabile all’azione di una singola proteina che si stende sul dna e lo protegge dai danni delle radiazioni. A conclusione dei loro esperimenti gli autori riferiscono anche di come, quando i geni delle proteine riparatrici venivano “trapiantati” in alcuni batteri, anche questi acquisivano resistenza alle radiazioni.
All’origine dell’eccezionale resistenza dei tardigradi
“Perché i tardigradi abbiano evoluto questa forte resistenza alle radiazioni ionizzanti è piuttosto enigmatico – si legge nel paper – dal momento che è improbabile che i tardigradi siano stati esposti ad alte dosi di radiazioni ionizzanti durante la loro storia evolutiva”. Forse si tratta dello stesso meccanismo che li rende resistenti agli effetti dell’essiccazione, azzardano gli autori, ma si tratta di ipotesi. Questa capacità di resistere alle radiazioni, infatti, non è l’unica virtù dei tardigradi, come accennavamo. Possono tollerare pressioni elevatissime, sopportare anche per decenni l’assenza di acqua, il gelo e il caldo estremi, al punto che proprio per questo uno studio di qualche tempo dell’Università di Oxford fa li aveva individuati come immuni o quasi a possibili apocalissi, capaci invece di distruggere benissimo la nostra specie.
Acclarate dunque le loro capacità di resistenza, la direzione della ricerca nel campo ultimamente mira a comprendere cosa ci sia alla base. Oltre alle capacità di difesa e riparazione del proprio patrimonio genetico, un altro dei meccanismi scoperti di recente riguarda invece la funzionalità delle loro proteine, spiegavano solo pochi giorni dalla University of Wyoming. Alcune di queste infatti hanno la capacità (reversibile) di organizzarsi in fibrille e gel e di rallentare così il metabolismo delle cellule, favorendone la sopravvivenza. Questa stessa capacità dei tardigradi di rallentare, mettersi in pausa, è uno dei motivi alla base della loro capacità di sopravvivenza in condizioni estreme. Una proprietà che i ricercatori pensano di sfruttare magari per la conservazione di terapie cellulari.
Via: Wired.it
Credits immagine: Philippe Garcelon via Flickr CC