La fantascienza è spesso permeata da uno spirito di ottimismo, per esempio quando descrive la possibilità di compiere azioni inimmaginabili. Qualche volta la tecnologia realizza quella possibilità: come nel caso delle tecnologie a beneficio dei disabili. Macchinari che permettono di recuperare parzialmente o totalmente le capacità perdute. Di parlare, di scrivere, di camminare e di sentire. Una rivoluzione tecnologica che è stata al centro del congresso organizzato dall’Associazione Luca Coscioni “Tecnologie e riforme contro la disabilità. Rivoluzione digitale e politica per la libertà di parola e la vita indipendente”, tenutosi a Milano il 26 e il 27 gennaio scorsi. Ma che non è tenuta nella giusta considerazione dalla politica, vanificando la possibilità di trasformare l’innovazione nella conquista di una vita indipendente.
Una delle novità presentate al congresso di Milano è Erica, un nuovo sistema di puntamento oculare che permette con il solo movimento della pupilla la gestione del personal computer e della comunicazione con uscita in voce attraverso sintesi vocale. Uno strumento prezioso per molte patologie disabilitanti e con grave compromissione motoria, come la sclerosi laterale amiotrofica, le distrofie muscolari, o le patologie neurologiche dell’età evolutiva come l’atrofia muscolare spinale. Erica è stata realizzata da helpIcare, una delle aziende leader del mercato italiano, che produce e commercializza prodotti innovativi in grado di migliorare l’autonomia, la comunicazione e l’apprendimento delle persone disabili. E che per l’ideazione e la progettazione collabora con università e centri di ricerca.
Secondo i dati dell’Istat i disabili in Italia sono circa tre milioni. Di questi, il 37 per cento è colpito da un deficit motorio, il 24 per cento da un deficit intellettivo, il 12 per cento è ipovedente o totalmente cieco e il 27 per cento è affetto da deficit uditivo. Per loro la tecnologia a volte offre un rimedio, ma la politica arranca nel garantirlo. Il numero di ausili acquistati dal Sistema Sanitario Nazionale è infatti drammaticamente inferiore alle necessità. La maggior parte di questi sono plantari, protesi o carrozzelle (prodotti di fascia medio-bassa, materiale di “consumo”) e non invece sistemi di comunicazione per chi non parla, ausili per ciechi o ipovedenti, o tecnologie per l’automazione della casa o per il controllo ambientale.
Tra i principali responsabili di questa situazione il sistema di fornitura attualmente in vigore basato sul Nomenclatore Tariffario, ovvero una lista dei prodotti erogabili con oneri per il Sistema Sanitario Nazionale. L’ultima revisione è del 1999 ma, l’intrinseca rapidità degli sviluppi tecnologici, per il modo in cui è concepito, con la descrizione dei prodotti, qualsiasi aggiornamento nascerebbe già vecchio. In più, secondo molti dei rappresentanti delle associazioni dei disabili intervenuti al congresso, il nomenclatore non tutela il diritto delle persone disabili perché è pieno di cavilli burocratici (sottopone chi ha bisogno di ausili a visite e accertamenti di disabilità, sebbene i richiedenti abbiano già una certificazione di invalidità) e destina la quasi totalità dei fondi a materiali di consumo (1,5 miliardi di euro) e solo le briciole (circa 100 milioni di euro) alle tecnologie compensative della disabilità.
Se poi la Asl per acquistare gli ausili impiega mesi c’è il rischio che l’aiuto perda di efficacia. E se poi i bandi di gara sono caratterizzati da una vera e propria corsa al ribasso, si capisce come spesso si debba ricorrere all’importazione di prodotti scadenti cinesi o coreani, disincentivando le aziende italiane a investire in questo campo. Che pure, come hanno dimostrato alcuni interventi ospitati al consesso milanese, potrebbe trasformarsi in un settore industriale innovativo e ad alto rendimento.
Il rinnovamento del Nomenclatore si impone quindi come misura urgenete e quanto mai necessaria. La proposta di aggiornamento dell’Associazione Coscioni, approvata dal ministro della Salute Livia Turco nel suo intervento al congresso, così come dai molti esperti presenti, prevede la realizzazione di un testo unico che faccia riferimento a un fondo apposito, il Fondo per la Vita Indipendente. La persone affette da disabilità potrebbero disporre di una carta con cui acquistare, fino a un tetto massimo di euro stabilito, i macchinari di cui hanno bisogno. Si risolverebbe così anche il problema della necessità di un costante aggiornamento delle tecnologie, in continua evoluzione, lasciando libero il cittadino di acquistare il prodotto a lui più congeniale. Incentiverebbe anche le industrie, rassicurate dalla garanzia di acquisto da parte delle Asl, e contribuirebbe ad abbattere i costi di produzione.