Tonni senza scampo

Una settimana da dimenticare. In vigore dal 13 giugno scorso il nuovo regolamento europeo per la pesca del tonno rosso in poco più di sette giorni ha già rivelato tutti i suoi punti deboli. Il più evidente dei quali è l’assoluta incapacità di controllo delle regole appena stabilite, tanto che  nei primi due giorni di vita la nuova legge veniva già ampiamente trasgredita. E le denunce di Greenpeace non si sono lasciate attendere: il 15 giugno scorso la nave Rainbow Warrior dell’associazione ambientalista aveva intercettato tre pescherecci italiani a sud di Malta mentre pescavano tonno con l’aiuto di quattro aerei di ricognizione. Eppure  le nuove disposizioni parlano chiaro: “E’ vietato l’utilizzo di aeroplani o elicotteri per la ricerca del tonno rosso”.

“Se i paesi europei non sono in grado di controllare i loro pescherecci e garantire che la pesca avvenga in maniera legale dovrebbero richiamare le imbarcazioni nei propri porti” dice Alessandro Gianni, responsabile della campagna mare di Greenpeace. Un’altra nuova regola, già violata, impone il divieto di trasferimento dei tonni da una nave (in termine tecnico allibo) a un’altra attrezzata con un cargo frigorifero. Il 20 giugno scorso un’imbarcazione francese è invece stata colta in flagrante da Greenpeace nelle acque intorno a Malta, dove circolano tra l’altro molte navi tunisine prive dell’autorizzazione necessaria per la pesca del tonno rosso.

Insomma il Regolamento CE 643/2007 adottato dal Consiglio europeo della pesca non ha avuto un esordio felice e, almeno per quest’anno, non avrà neanche il tempo di riscattarsi visto che la stagione  ittica sta per finire. Sarà possibile in futuro correggere il tiro?  “Con queste premesse non abbiamo alcuna speranza di miglioramento. Al di là dell’ampiamente dimostrata inadeguatezza dei controlli il nuovo regolamento è sbagliato alla radice perché consente quote di cattura troppo elevate e abbassa la taglia minima del tonno pescabile” spiega Giannì.

Le ragioni del dissenso sono quindi più profonde e fanno leva su un significativo dato scientifico: il limite annuale di 15.000 tonnellate che il comitato scientifico dell’Iccat (la Commissione Internazionale per la conservazione del tonno atlantico) ha invitato a non superare se si vuole salvare la specie dal collasso. Ebbene la quota complessiva (Tac, totale ammissibile di cattura) prevista dal nuovo regolamento è praticamente il doppio: 29.500. “Il che significa in realtà circa 32.000 considerando le quote che Turchia e Libia si sono assegnate in modo unilaterale. A queste vanno poi aggiunte le 20.000 tonnellate di pesca illegale per arrivare così alle 55.000 tonnellate che corrisponde al triplo della soglia consigliata. Di questo passo la specie arriverà al collasso entro cinque anni. Ecco allora che partiranno con i soldi pubblici i programmi di riconversione dei pescherecci costretti a passare ad altri sistemi di pesca” denuncia Giannì.

Il passo indietro rispetto alla precedente normativa è evidente e le nuove quote di cattura assegnate all’Ue lo dimostrano: dalle 9.398 tonnellate previste dal regolamento 41/ 2006 si è passati senza troppe difficoltà alle 16.700. Per assicurare la conservazione della specie, altro avviso degli scienziati dell’Iccat caduto nel vuoto, sarebbe stato poi necessario vietare la pesca di esemplari al di sotto dei 30 Kg di peso. Una misura non troppo restrittiva visto che i tonni possono tranquillamente raggiungere i 500 kg. Nonostante ciò però il Consiglio dei Ministri della Pesca, riunitosi a Lussemburgo il 10 giugno scorso,  ha consentito grazie ad alcune deroghe prelievi al disotto di quella soglia, accelerando così il degrado degli stock di tonno rosso.

Ma i danni denunciati da Greenpeace  hanno però un’origine più remota. Tutto nasce in realtà dalla riunione dell’Iccat del novembre scorso a Dubrovnik in Croazia. In quell’occasione la Commissione internazionale, in contrasto con le indicazioni del suo stesso comitato scientifico, aveva infatti già stabilito le quote da assegnare all’Unione europea, che è membro del trattato dal 1997. E sempre in quella sede aveva introdotto, solo per la Croazia però, la deroga alla soglia minima dei 30 Kg, che poi a Lussemburgo è stata estesa. Il regolamento europeo è quindi nato male già nelle sue premesse e, ricalcando la strategia di intervento dell’Iccat, non ha fatto altro che reiterare l’errore di partenza.

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