Vi sedete sul divano, e la televisione si accende, allungate le gambe e le luci si abbassano. O vi toccate il palmo della mano con le dita, e il volume della musica dentro le vostre orecchie aumenta. O ancora, siete al lavoro e avete scritto sulla porta “non disturbare”, ma non con il solito post-it: vi è bastato sfiorare la maniglia. Come potreste riuscire a far tutto questo? Con Touché, la nuova tecnologia sviluppata dai ricercatori della Disney Research (Pittsburgh) e della Carnegie Mellon University (Pittsburgh), che permette agli utenti di dialogare con il resto del mondo usando solo uno dei nostri sensi, il tatto, e la gestualità delle nostre azioni.
L’idea alla base di Touché – presentata nel corso della CHI 2012, the Conference on Human Factors in Computing Systems, in Texas – è quella di rendere tutto quel che ci circonda sensibile al tocco, come se fossimo immersi in una realtà di oggetti in touchscreen, che rispondono al tatto eseguendo delle azioni. Ma in modo più sofisticato rispetto a quanto fatto da schermi di tablet e smartphone, perché Touché riesce a discriminare non solo l’avvenuto contatto, ma anche da quale parte del corpo proviene, e il modo con cui è stato effettuato. E questo grazie alla Swept Frequency Capacitive Sensing (SFCS), la tecnologia che permette a Touché di rispondere a una vasta gamma di segnali di frequenza, a loro volta legati a diversi tipi di interazione con l’oggetto toccato.
Per capire come Touché riesce a fare tutto questo basta pensare al funzionamento di un touchscreen tradizionale, la cui superficie è ricoperta di un conduttore trasparente al quale è associato un segnale elettrico (lo schermo capacitativo). Nel momento in cui avviene il contatto con un dito, il segnale viene in qualche modo alterato, ed è proprio questa variazione a essere letta come un’azione. I dispositivi touchscreen tradizionali, però, sono in grado di rivelare solamente il segnale elettrico di una singola frequenza, e quindi di determinare solo se il contatto sia avvenuto o meno.
Touché, invece, riesce a discriminare i tipi di tatto, perché è sensibile a diversi segnali di frequenza. Le differenti parti del corpo, infatti, hanno specifiche proprietà capacitative, e quindi veicolano segnali che sono processati e interpretati in modo diverso. Allo stesso modo anche i gesti sono unici, e vengono quindi riconosciuti singolarmente. Tutto quello di cui ha bisogno Touché per funzionare è un elettrodo sensore da inserire negli oggetti con cui si interagisce e un sistema in grado di processare i dati raccolti.
Facciamo qualche esempio. Si può rendere intelligente il pomello di una porta così che, a seconda di come la si tocca, sia possibile chiudere o aprire la serratura, o far in modo che compaiano specifici messaggi (come mostrato nel video). La tecnologia Touché – che ha mostrato percentuali di riconoscimento vicine al 100% – potrebbe servire anche per potenziare il funzionamento dei touchscreen stessi. Come? Associando comandi come “copia e incolla” o “zoom” alle diverse modalità con cui si afferra lo smartphone. Ma Touché potrebbe funzionare addirittura in acqua, stabilendo se e quando ci sono oggetti immersi nel liquido. In modo da rendere qualsiasi cosa che ci circonda sensibile al tatto e ai diversi gesti. Gli stessi movimenti delle mani potrebbero essere utilizzati per controllare lo smartphone e tablet, grazie a degli elettrodi indossabili simili a braccialetti.
via wired.it
Credit immagine Munehiko Sato, Ivan Poupyrev, Chris Harrison
Disney Research, Pittsburgh