L’Islanda limita la caccia alle balene. Il governo del paese nordico, infatti, ha ridotto a 25 la quota di balenottere minori cacciabili nel 2004, quota che inizialmente era di 500 balene in due anni, comprese le balenottere boreali e quelle comuni. Una conquista ottenuta grazie alle forti critiche interne e alla mancanza di un mercato dei prodotti delle balene. Dal 2003, anno della ripresa della caccia, sono state uccise 36 balenottere minori. Ma l’ente turistico dell’isola e gli operatori hanno messo in evidenza come la ripresa della caccia alle balene danneggi la reputazione del paese e il turismo. Le balene attraggono oltre 70 mila turisti ogni anno e producono così più di 14 milioni di dollari all’anno. Al contrario, il mercato della carne di balena è in costante diminuzione per il cambiamento delle abitudini alimentari e per il timore di contaminazione dei prodotti derivati. Le balene valgono più da vive che da morte, insomma. “E’ un risultato insperato”, ha detto Emanuela Marinelli di Greenpeace, “Il governo ha preso una saggia decisione, di cui beneficerà il popolo islandese”. Sottoscrivendo un appello dell’associazione ambientalista, 50 mila persone hanno promesso di visitare l’Islanda quando la caccia alle balene sarà interrotta: ciò equivale a oltre 50 milioni di dollari per l’economia islandese, contro i quattro che lo sfruttamento delle balene ha garantito nei suoi giorni migliori. (r.p.)