L’attento occhio di Planck ha mirato bene anche questa volta e ha individuato uno degli oggetti celesti più grandi dell’Universo: un superammasso di galassie, ovvero un insieme di centinaia di galassie. Una volta comprese le sue dimensioni, gli astrofisici dell’Agenzia Spaziale Europea, tra cui i ricercatori dell’Università Sapienza di Roma, lo hanno infatti classificato come un “super ammasso”. Il satellite dell’Esa lo ha scoperto grazie ai suoi sensori a microonde che hanno captato una radiazione cosmica più forte delle circostanti. Si chiama effetto Sunyaev-Zeldovich (SZ), dai nomi dei fisici astronomi russi che lo hanno studiato la prima volta negli anni Settanta. Secondo i due scienziati, la radiazione cosmica proveniente dall’Universo primordiale, quando ancora le galassie non si erano formate, aumenta la sua energia quando attraversa la nube di gas incandescente che avvolge i superammassi.
Captata questa radiazione particolare grazie a Planck, i ricercatori dell’Esa hanno puntato nella direzione indicata un altro satellite – Newton XMM – che ha individuato l’emissione a raggi X proveniente dal gas da A2319, come è stato definito il nuovo superammasso. “Osservando il segnale in ben nove lunghezze d’ onda diverse, misurate simultaneamente da Planck, è stato possibile separarlo in modo inequivocabile da altri segnali”, ha spiegato Francesco Piacentini del gruppo di cosmologia osservativa G31 del dipartimento di Fisica della Sapienza che, oltre ad aver contribuito a costruire alcuni degli strumenti ospitati da Planck, collabora all’analisi dei dati raccolti dal satellite.
Il gruppo romano è concentrato sullo studio del fenomeno SZ convinto che possa fornire importanti informazioni sulla composizione dell’Universo. I superammassi identificati grazie a questo sistema, infatti, oltre ad essere formati di galassie, sembrano avere un’elevata percentuale di materia oscura. “Il nostro gruppo ha sviluppato l’osservatorio MITO, a 3480 metri di quota presso la stazione di ricerca della Testa Grigia dell’IFSI-INAF (vicino a Cervinia, in Val D’ Aosta) proprio per osservare ammassi e superammassi di galassie usando la tecnica dell’effetto SZ”, ha confermato Marco De Petris, che coordina il progetto: “Recentemente abbiamo osservato proprio tramite MITO l’effetto SZ nel superammasso di Corona Borealis, mostrando come sia possibile rivelare materia ancora non osservata, né nel visibile, né nei raggi X”.
“Proprio per sfruttare queste potenzialità di misura di ammassi di galassie, abbiamo sviluppato OLIMPO, un grande telescopio da pallone stratosferico. Sarà lanciato l’anno prossimo dall’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e ci fornirà immagini degli ammassi di galassie SZ ancora più nitide di quelle prodotte da Planck, dandoci l’opportunità di studiarne i dettagli morfologici e la composizione”, ha concluso Silvia Masi, responsabile dell’esperimento.
Riferimenti: Agenzia Spaziale Europea