Esiste una legge quasi universale in natura: il metabolismo e la durata della vita di un animale sono proporzionali alla sua massa. Nella vita di un topo e di un elefante, ad esempio, il loro cuore compie più o meno lo stesso numero di battiti, nonostante uno viva in media non più di un anno e l’altro possa invece superare tranquillamente i 70. La formula matematica che esprime questo principio, nota come legge di Kleiber, è stata per anni al centro di aspri dibattiti, perché nonostante sia stata confermata da molteplici osservazioni empiriche, mancava una spiegazione biologica della sua validità universale. Una possibile risposta arriva oggi da un nuovo studio della University of Maryland e dell’Università di Padova, pubblicato su Pnas. Secondo i ricercatori, la legge di Kleiber rifletterebbe semplicemente un principio di efficienza energetica, che ha plasmato in parallelo sia l’evoluzione degli animali che quella delle piante.
In termini matematici la legge di Kleiber si esprime con la formula q0 ~ M¾. A proporla, a metà degli anni ’30, fu biologo e botanico svizzero Max Kleiber, per rendere conto di un principio facilmente osservabile in natura: al crescere della taglia di un animale, crescono anche il suo metabolismo e la durata della sua vita. Da allora la formula è stata verificata con molteplici osservazioni empiriche, e ha trovato diverse applicazioni pratiche, ad esempio nel calcolo della dose corretta di farmaci da somministrare agli esseri umani dopo averli testati sugli animali. Fino ad oggi però, quando gli scienziati provavano a stabilirne la validità da un punto di vista teorico, i conti non tornavano.
Per arrivare ad una possibile spiegazione, il team di ricercatori che ha realizzato il nuovo studio ha deciso di guardare non solo al mondo animale ma anche in quello vegetale. “Le geometrie che caratterizzano i corpi di piante e animali si sono evolute più o meno in parallelo”, spiega Todd Cooke, botanico della University of Maryland che ha partecipato allo studio. “I primi esemplari dei due regni avevano dei corpi molto differenti tra loro, ma attraverso la selezione naturale, oggi le geometrie delle specie moderne di animali e piante mostrano incredibilmente la medesima efficienza energetica. È questo che ci mostra la legge di Kleiber”.
Nel caso delle piante, hanno ragionato i ricercatori, il loro organismo converte la luce solare in energia, e la trasporta all’interno del tronco a velocità costante. Per rendere il processo più efficiente, le piante hanno sviluppato inoltre le foglie, strutture che permettono di esporre al sole la maggior superficie possibile. Tenendo in considerazione tutte queste variabili, i ricercatori hanno calcolato la relazione tra le masse e il metabolismo di diverse specie vegetali, scoprendo che anche le piante ubbidiscono alla legge di Kleiber.
Volgendo quindi l’attenzione al regno animale, i ricercatori hanno avuto un’intuizione. Se per le piante si può calcolare l’azione del metabolismo tenendo conto solamente della superficie esterna, perché il trasporto dei nutrienti nel corpo avviene a velocità costante, negli animali la situazione è differente. Il cuore infatti pompa il sangue a velocità diversa in specie differenti, e più specificamente con un tasso proporzionale alla loro massa.
“L’informazione era sempre stata lì, ma nessuno si era mai accorto della sua importanza”, spiega Andrea Rinaldo, ricercatore dell’Università di Padova che ha partecipato allo studio. “Nell’evoluzione degli animali invece il flusso dei nutrienti nel loro organismo e il calore che si crea quando li bruciano per produrre energia devono essere modificati in base alla loro massa, per garantire la maggiore efficienza energetica possibile. È per questo che gli animali hanno sviluppato una pompa, il cuore, e le piante no”.
Inserendo la nuova informazione nei loro calcoli, i conti finalmente tornavano. La legge, spiegano gli autori dello studio, offre quindi una spiegazione estremamente elegante di un fatto evolutivo: la forma e il metabolismo di tutti gli esseri viventi, animali e piante, sono stati plasmati dall’esigenza di raggiungere la massima efficienza energetica possibile, e sono spiegabili utilizzando dei semplici principi fisici e chimici.
Riferimenti: Pnas doi: 10.1073/pnas.1401336111
Credits immagine: Loretta Kuo