L’universo potrebbe essere una gigantesca matrioska. Nel gioco russola bambola più piccola è identica, tranne che per le dimensioni,a quella che la contiene, a sua volta ospitata in una bambola piùgrande. Nel cosmo non ci sono bambole ma stelle. In miliardi formano galassiee ammassi di galassie. La loro distribuzione, sinora ritenuta omogenea,potrebbe riservare qualche sorpresa. Come le matrioske, le galassie potrebberotrovarsi all’interno di una struttura che è a sua volta parte distrutture più grandi, uguali nella forma ma non nelle dimensioni.L’universo potrebbe insomma essere un frattale.
Uno scienziato italiano sta mettendo in subbuglio il mondo degli astrofisci.Luciano Pietronero, fisico della materia presso l’Università diRoma “La Sapienza”, ha violato un tabù della cosmologiamoderna e per questo, a suo dire, è stato isolato da chi difendestrenuamente le teorie ortodosse. Secondo Pietronero, la materia, almenoquella visibile, non è distribuita in modo omogeneo nell’universo.E questo non accade solo a distanze relativamente piccole dalla Terra,ma anche molto lontano, praticamente fin dove si è riusciti a scrutarelo spazio.
Il risultato del fisico romano non è frutto di osservazioni recentima di una rielaborazione di dati disponibili già da tempo. I datisi riferiscono alle distanze che ci separano da tutte le galassie osservabili.Pietronero ha analizzato queste misure con un metodo statistico che siusa in fisica della materia e il risultato è stato clamoroso: legalassie sono distribuite nello spazio secondo la geometria frattale, cioèsecondo strutture che si ripetono identiche a se stesse a qualunque scalale si guardi. “E questo”, sostiene Pietronero, “accade anchea grandissima distanza, non solo per oggetti vicini”.
L’idea è affascinante ma ha conseguenze dirompenti sul piano teorico.Un frattale è per definizione non omogeneo (la sua densitàvaria da punto a punto) mentre tutte le teorie cosmologiche piùaccreditate hanno alla base l’omogeneità dell’universo. Eliminarlasignificherebbe far crollare un edificio teorico che pure ha registratonumerosi successi. Per esempio la teoria del big bang prevede che l’universo,dopo l’esplosione iniziale, si sia espanso rapidamente. L’aumento di volumeavrebbe comportato una diminuzione della densità di materia nellospazio. Più si guarda lontano nello spazio, e quindi lontano neltempo, più si dovrebbe trovare una densità di materia crescente,residuo di un’epoca prossima al big bang. I risultati di Luciano Pietronerovanno nella direzione opposta, indicano una densità che diminuisceal crescere della distanza. Il punto di forza della tesi proposta da Pietronerosta nella coerenza che i dati mostrano se trattati con il suo metodo. SecondoPietronero quegli stessi dati interpretati, come si è fatto finora,ipotizzando un universo omogeneo, sono del tutto incomprensibili. “Alcontrario, se non si assume l’omogeneità, i dati sono facilmenteinterpretabili”, dice Pietronero, “e le galassie risultano dispostesecondo la geometria frattale”.
L’eresia del fisico italiano non sta tanto nell’ipotizzare un universofrattale, quanto nella sua pretesa di estendere questa struttura a tuttol’universo visibile e non solo a una sua piccola porzione. “L’ideache in regioni limitate la materia si distribuisca secondo la geometriafrattale è ormai condivisa dalla maggior parte dei cosmologi”,ammette Francesco Melchiorri, astrofisico dell’Università di Roma”La Sapienza”. “Si è convinti però che oltreuna certa distanza la struttura frattale scompaia e che l’universo a grandescala sia effettivamente omogeneo. Secondo alcuni la distribuzione di materiaè frattale in un raggio di 60 milioni di anni luce. I piùpessimisti si spingono fino a 300 milioni di anni luce. Nessuno, eccettoqualche estremista”, dice Melchiori, “va oltre”. LucianoPietronero è decisamente un estremista. Secondo i suoi calcoli lastruttura frattale dell’universo si manifesta anche a 3 miliardi di anniluce di distanza. “Non sono un astrofisico”, precisa Pietronero,”e non azzardo teorie che potrebbero risultare poco credibili. Sonoperò certo che il metodo usato nell’analisi dei dati è correttoe che il suo risultato è inconfutabile. Ormai l’unica obiezioneche mi viene mossa riguarda la scarsa precisione delle distanze galattiche.Eppure sono gli stessi dati che gli astrofisici utilizzano da anni”.
“Il fatto che Pietronero non abbia competenze di astrofisico”,replica Melchiorri, “lo porta a trascurare dettagli importanti. Isuoi risultati descrivono un universo in cui la densità di galassiedecresce con la distanza. E’ ovvio che il numero di galassie rivelate daitelescopi diminuisca man mano che si osservano zone di universo piùlontane. La causa non è però la struttura dell’universo mala difficoltà strumentale di riconoscere oggetti lontanissimi. Lavera risposta su qual è la distanza a cui l’universo da frattaletorna a essere omogeneo”, conclude Melchiorri, “l’avremo solocon dati più precisi, forse ottenuti da osservatori in orbita attornoalla Terra”.