La vaccinazione, l’uso della mascherina e il distanziamento sono fra le armi essenziali nella lotta al coronavirus. Ma ancora qualcuno non è del tutto convinto oppure non aderisce adeguatamente alle indicazioni sulle misure protettive. Una ricerca condotta dall’università di Princeton dimostra che un particolare approccio psico-sociale, basato sulla cosiddetta dissonanza cognitiva, è spesso efficace nel convincere le persone esitanti – ma non chi rifiuta completamente le indicazioni – a seguire le raccomandazioni. La tecnica è descritta in un lavoro pubblicato sulla rivista Basic and Applied Social Psychology.
La dissonanza cognitiva
Secondo uno studio della University of Southern California, pubblicato nel gennaio 2021 – in un periodo in cui peraltro le persone non erano ancora vaccinate – nonostante quasi 9 americani su 10 riconoscessero l’importanza di indossare le mascherine, soltanto la metà dichiarava di utilizzarle sempre o quasi sempre. Si tratta in questo caso di individui preparati sulla teoria (non sono negazionisti o no-vax) ma che per varie ragioni ‘non si applicano’. Sull’onda di questi dati i ricercatori di Princeton si sono chiesti come modificare i comportamenti non appropriati e come far sì che le loro percezioni si traducessero in azioni concrete, dunque nell’adesione alle linee guida fornite delle autorità.
Per farlo hanno scelto un approccio, già convalidato e utilizzato in altre situazioni, basato sulla dissonanza cognitiva. Questo si fonda su una teoria, introdotta nel 1957 dallo psicologo e sociologo statunitense Leon Festinger, che sfrutta la sensazione sgradevole che scaturisce da una discordanza, un conflitto, fra idee, valori e azioni, per modificare un comportamento. In questo caso il conflitto è fra la percezione dell’essenzialità della mascherina e il suo mancato uso.
Idee diverse dai comportamenti
I ricercatori hanno coinvolto 101 partecipanti di età fra i 18 e i 67 anni e lo studio, svolto prima che iniziasse la vaccinazione di massa, si è concentrato principalmente sull’adesione all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e al distanziamento. I volontari venivano incoraggiati a esprimere le loro opinioni, spiegando perché le mascherine sono centrali per contenere il contagio e perché è bene averle sempre quando si è fuori casa. Successivamente dovevano ricordare le occasioni in cui non le avevano indossate. Altri partecipanti (nel gruppo di controllo) dovevano soltanto esporre la loro idea sull’importanza dell’impiego dei dispositivi e altri ancora indicare solo gli episodi in cui non avevano messo in atto la regola.
Gli autori hanno rilevato che, dopo il lavoro, la maggiore adesione alle raccomandazioni si è registrata con la dissonanza cognitiva, ovvero fra i volontari che erano stati motivati verso un uso non occasionale dei dispositivi e che allo stesso tempo avevano riportato alla mente i comportamenti scorretti. Invece, ricordare soltanto gli episodi negativi risulta essere la strategia meno efficace.
Convincere gli esitanti
Il campione è ancora piuttosto limitato, anche se lo studio fornisce una prima prova della possibile validità di questo approccio anche rispetto all’adesione alla campagna vaccinale. Se persuadere i no-vax o chi rifiuta completamente di vaccinarsi è difficile, spiega Logan Pearce, studentessa laureata – che firma il lavoro insieme a Joel Cooper, professore di psicologia – adottare questa strategia per convincere chi ha semplicemente qualche dubbio o non riesce a mettere in pratica i consigli è più semplice.
Via: Wired.it
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