Foche, ricomincia il massacro

I ghiacci del Canada di nuovo testimoni di una mattanza. Si è riaperta, infatti, il 25 marzo scorso sulle coste atlantiche e artiche del paese la caccia alle foche, nonostante i numerosi appelli di celebrità rivolti al governo di Ottawa. E sono iniziate anche le incursioni degli ambientalisti. Sei membri dell’associazione Human Society e un cameraman freelance sono stati arrestati perché troppo vicini ai cacciatori nel golfo di San Lorenzo. Quest’anno il Ministero della pesca e degli oceani ha addirittura aumentato il numero di esemplari da cacciare da 320 mila a 325 mila, più 10 mila per le comunità aborigene degli inuit. Dal 2003 al 2005 sono state uccisi oltre 10 mila foche in più rispetto alla quota autorizzata di 975 mila e il 98 per cento degli esemplari fatti fuori nel 2005 erano cuccioli. Sono loro i preferiti dai cacciatori, che li uccidono con armi da fuoco o con gli hakapics, bastoni di legno con un gancio di ferro all’estremità, e in alcuni casi li scuoiano vivi per prenderne intatte le pregiate pellicce. Il guadagno delle esportazioni verso paesi come Russia, Cina e Norvegia è stato per il Canada di 16,5 milioni di dollari nel 2005. Tutto sotto controllo, secondo il ministro della pesca Loyola Hearn: le foche sono quasi 6 milioni, il triplo rispetto agli anni Settanta, e vengono cacciate per mantenerne sotto controllo il numero, che altrimenti diventerebbe una minaccia per altre specie animali. In più, si tratta di una pratica antica e dell’unico mezzo di sopravvivenza per le popolazioni costiere nelle stagioni in cui il merluzzo scarseggia. Secondo uno studio della Human Society, invece, la caccia è crudele, non dà alcuno slancio all’economia locale e minaccia la sopravvivenza di questi mammiferi. Molti cuccioli, infatti, sono già affogati fra i ghiacci in scioglimento a causa del riscaldamento globale. (r.p.)

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