Il cervello mostra i primi segni di declino già con la maturità. È quanto ha scoperto un team dell’Università di Princeton in una ricerca condotta sulle scimmie uistitì (Callithrix jacchus) e pubblicata su Pnas: subito dopo il raggiungimento della pubertà, e molto prima che venga raggiunto l’invecchiamento, il tasso di crescita dei neuroni nell’ippocampo di questi primati inizia a diminuire sensibilmente.
È la prima volta che questo processo, noto come neurogenesi, viene osservato nel cervello di un primate. Finora, infatti, era stato notato solo nei roditori. Gli usititì, che si trovano nel Sud e nel Centro America, raggiungono la maturità sessuale a circa 18 mesi e iniziano a mostrare segni di invecchiamento, come demenza e artrite, all’età di circa 8 anni. Lo studio ha analizzato la crescita dei neuroni in 17 uistitì di entrambi i generi, tutti tra i 18 mesi e i 7 anni. E ha trovato che mentre gli adulti più giovani mostrano ancora una vigorosa crescita nell’ippocampo (un’area del cervello collegata con la memoria), essa è quasi assente negli esemplari più anziani, che presentano poche cellule nuove.
Non si tratta di una cattiva notizia, ha spiegato la Gould. “Le passate teorie avevano suggerito che i cervelli complessi, come quelli di scimmie ed esseri umani, non vanno incontro a cambiamenti nella loro struttura una volta raggiunta la maturità. Questa scoperta invece offre l’evidenza del fatto che il cervello dei primati si riorganizza nel tempo e declina con l’età”. La neurogenesi, sebbene a ritmi lenti, continua anche dopo la pubertà e non si ferma del tutto neanche nei primati più anziani. In più, dicono i ricercatori, può essere stimolata attraverso la socializzazione e l’esercizio, come si fa attualmente con i topi. Ora i ricercatori, a partire da questa scoperta, sperano di trovare tecniche per mantenere il cervello ‘flessibile’ e di mettere a punto trattamenti che aiutino chi soffre di malattie neurodegenerative. (r.p.)