La corsa alla Luna tra sovietici e americani

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L’astronauta Edward White durante la prima passeggiata nello spazio, 9 giugno 1965. Nasa.

L’impresa della conquista del nostro satellite era cominciata una dozzina di anni prima quello storico 21 luglio del 1969 che vide i primi umani calcare il polveroso suolo lunare. Certo, non solo per spirito d’avventura. Come spesso avviene, i  grandi progetti che portano gli uomini al limite delle loro possibilità e che sono sostenuti dallo sforzo di intere nazioni hanno le loro motivazioni – non sempre dichiarate – nel perseguimento di interessi ben concreti: la fama, il potere, le ricchezze. Così, nel decennio precedente la corsa alla Luna era stata una gara tra sovietici e americani che nella conquista dello spazio avevano visto un nuovo modo per essere superpotenze politiche e militari che decidono le sorti del mondo.

La corsa alla Luna: il programma sovietico

L’era spaziale era stata inaugurata dai sovietici con lo Sputnik 1, satellite artificiale terrestre, il 4 ottobre 1957. A bordo dello Sputnik 2, nello stesso 1957, c’era Laika, una cagnetta di sei chili, che ruotò intorno alla Terra a 1.700 chilometri di altezza. Il suo ritorno a terra non era stato previsto. All’ottavo giorno Laika avrebbe ricevuto cibo avvelenato e non si sarebbe accorta di nulla. Oggi, una lapide, nei pressi di Leningrado, la ricorda come «Prima creatura penetrata nel cosmo». Il suo nome è insieme a quello di molti altri cani morti in combattimento, accanto ai soldati, durante la guerra.

La triste storia di Laika: dopo otto giorni in orbita, fu avvelenata.

Poi, il 12 aprile 1961, un uomo, Yuri Gagarin, con l’astronave Vostok, volò per primo intorno al nostro pianeta.

Il programma lunare sovietico prevedeva l’uso di sonde da far viaggiare intorno alla Luna o far atterrare sul suolo lunare. Il primo successo era venuto con la sonda Lunik 2, lanciata nel settembre 1959. Colpì la Luna e rilevò l’inesistenza di un campo magnetico e di fasce di radiazioni simili a quelle che avvolgono il nostro pianeta. Poi,  nell’ottobre 1959, Lunik 3 fotografò la parte del nostro satellite invisibile dalla Terra.
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Successivamente i sovietici, che avevano concentrato i loro sforzi  sulla realizzazione di sonde automatiche o telecomandate, ottennero ottimi risultati. Nel 1963 cominciarono i lanci per realizzare  l’atterraggio morbido, raccogliere campioni di rocce e terreno lunari ed esplorare la superficie del satellite. Le nuove Lunik furono sempre più grosse. Le ultime pesavano 6 tonnellate.

Delle varie sonde costruite alcune andarono distrutte, altre  mancarono il bersaglio, altre trasmisero molte immagini, anche della parte nascosta. Finalmente, il 3 febbraio 1965, la sonda Lunik 9 toccò il suolo in modo automatico e senza danni. Si posò al bordo occidentale dell’Oceano delle Tempeste e da qui inviò molte immagini del suolo e dati sulle radiazioni. Lunik 10, invece, lanciata il 31 marzo 1966, diventò il primo satellite artificiale della Luna.

La corsa alla Luna: il programma americano

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Wernher von Braun e il presidente John F.Kennedy al sito di lancio 37 della base di Cape Canaveral, 16 novembre 1963 (NASA).

Partiti con ritardo rispetto ai russi, gli Stati Uniti nel 1958 vararono un programma lunare più complesso, che prevedeva l’uso di sonde con equipaggio umano. Fu articolato in due parti. La prima, dedicata all’esame della superficie lunare, con tre sottoprogrammi: Ranger, Surveyor e Lunar Orbiter. Le sonde Ranger avrebbero provveduto a una prima conoscenza dell’obiettivo; le Surveyor avrebbero effettuato l’atterraggio morbido; le Lunar Orbiter sarebbero diventate satelliti della Luna e a avrebbero permesso di fotografarla in ogni sua parte. La seconda parte del  programma riguardava la preparazione degli uomini, dei veicoli, degli strumenti necessari, nonché l’esplorazione vera e propria. Tre i sottoprogrammi: Mercury, Gemini e Apollo.

Ranger

La prima sonda Ranger fu in orbita terrestre soltanto due anni dopo, e i lanci delle cinque successive, effettuati tra il 1961 e il 1964, per un motivo o per l’altro, furono insuccessi. Questa serie di fallimenti metteva a dura prova l’orgoglio nazionale americano, tanto che lo stesso presidente John F. Kennedy il 25 maggio 1961, azzardando non poco, annunciò che l’obiettivo del programma spaziale degli Stati Uniti, l’atterraggio di uomini sulla Luna, sarebbe stato raggiunto prima del 1970. Fu così che un esercito di mezzo milione di uomini, scienziati, tecnici, progettisti di università, laboratori di ricerca, industrie di tutti gli Stati dell’Unione furono coinvolti in un’impresa colossale. Il periodo “nero” finì soltanto col lancio della sonda Ranger 7, nel luglio 1964, che fu un gran successo, seguito da quelli delle Ranger 8 e 9, del 1965. Le sonde vennero mandate a scontrarsi con il bersaglio, mentre le telecamere funzionarono fino a pochi istanti prima dell’urto col suolo. Inviarono quasi 20.000 fotografie in molte delle quali si potevano vedere anche le pietre.

Surveyor

L’atterraggio morbido sul suolo lunare della prima delle previste sette sonde Surveyor americane, pesante una tonnellata, avvenne il 2 giugno 1966 nell’Oceano delle Tempeste. La sonda era equipaggiata con telecamere, due antenne, un pannello con quasi 4.000 celle solari per l’energia necessaria a bordo, e un braccio meccanico con una piccola scavatrice capace di raggiungere circa mezzo metro di profondità, col quale poteva raccogliere campioni che venivano fotografati sul posto. Fino al gennaio 1968 furono lanciate altre sei Surveyor, cinque con successo, che fornirono un’imponente  documentazione di quasi 100.000 fotografie. Le ultime sonde  poterono eseguire anche l’analisi chimica del terreno. Aggiunta a quelle già ottenute, fornirono una conoscenza della superficie lunare sufficiente per affrontare senza timori l’invio degli astronauti. Nonostante la superficie montagnosa, la Surveyor 7 atterrò senza problemi a circa 4.600 metri d’altezza, nei pressi del cratere Tycho.

Le missioni delle Lunar Orbiter furono cinque: due nel 1966 e tre nel  1967. Sonde leggere (meno di 400 kg), con un’ottima strumentazione fotografica e un completo laboratorio automatico per sviluppo, lettura e successiva trasmissione a terra delle fotografie. Dopo aver svolto il ruolo provvisorio di satelliti lunari artificiali, le Lunar Orbiter venivano fatte precipitare al suolo per evitare il rischio che fossero di ostacolo a spedizioni future. Le prime tre furono messe in orbite equatoriali basse, comprese tra circa 2.000 km e circa 50 km, le altre due in orbite quasi polari: la prima si spinse fino a 6.000 km dalla superficie, la seconda arrivò intorno a 200 km. Registrarono più del 99,5 per cento della superficie lunare, inclusa la parte che non è mai avvistabile dalla Terra. Le migliori fotografie mostravano oggetti delle dimensioni di un metro. Frutto del grande lavoro compiuto fu una nuova carta della superficie lunare su scala 1:1.000.000.

I Lunar Orbiter fecero anche rilevamenti della quantità e della qualità delle micrometeoriti che  cadono ogni giorno sulla Luna, un pericolo potenziale per gli astronauti e per le apparecchiature non sufficientemente protette, e scoprirono i “mascon”, particolari regioni dei grandi mari caratterizzate da considerevoli aumenti della gravità (forse accumuli sotterranei di nichel e ferro, o grosse meteoriti sprofondate e sepolte, o masse di lava raccolte in antichissimi grandi bacini).

Parallelamente ai programmi dedicati allo studio della superficie lunare furono realizzati, in successione, i programmi Mercury e Gemini. Il primo fu portato a compimento tra il maggio 1961 e il maggio 1963, con sei veicoli spaziali dotati di un equipaggio con astronauta singolo; il secondo, tra il marzo 1965 e il novembre 1966, con dieci veicoli spaziali dotati di un equipaggio con due astronauti.

La prima passeggiata nello spazio

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L’astronauta Edward White durante la prima passeggiata nello spazio, 9 giugno 1965 (Nasa).

Il 5 maggio 1961, poco dopo il volo orbitale del russo Yuri Gagarin, Alan Shepard fece il primo volo sub-orbitale americano con la Freedom 7 del programma Mercury. Durò solo un quarto d’ora, arrivò all’altezza di 213 km e si concluse con la caduta nell’Oceano Atlantico. Ma meno di un anno dopo, John Glen entrò in orbita terrestre con la Friendship 7, e nel marzo 1965 Virgil Grissom e John Young, fecero il giro a bordo della Gemini 3.
Con James McDivitt alla guida della Gemini 4, Edward White, nel giugno 1965, fece la prima passeggiata nello spazio. Durò venti minuti. Sotto gli occhi di milioni di spettatori che, in diretta radio-televisiva, seguivano il quasi incredibile avvenimento. Il programma Gemini mise a punto un aspetto fondamentale per il futuro del programma complessivo: il cosiddetto “rendez-vous”,  l’agganciamento di due veicoli in orbita, pilotati dagli stessi astronauti, e il passaggio degli astronauti da un veicolo all’altro.

Il programma Apollo

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L’insegna della missione Apollo 11, Nasa.

Il programma Apollo si sarebbe realizzato in due fasi. La prima, di dieci voli, tra l’ottobre 1968 e il maggio 1969, avrebbe riguardato le modalità dell’atterraggio sulla Luna. La seconda, di sei voli, tra il luglio 1969 e il dicembre 1972, avrebbe concluso l’intero progetto.
Per il viaggio sulla Luna l’equipaggio doveva essere di almeno tre membri. I veicoli spaziali erano costituiti da un modulo di comando, nel quale stavano i tre astronauti, da un modulo di servizio, dotato di tutte le apparecchiature tecnologiche e scientifiche, e da un modulo lunare. Arrivato alla Luna, il veicolo si sarebbe messo in orbita di parcheggio e il modulo lunare sarebbe sceso al suolo con due dei tre uomini. Alla fine della missione, il modulo lunare si sarebbe ricongiunto a quello di comando e sarebbe cominciato il viaggio di ritorno. Il  modulo lunare sarebbe stato abbandonato subito, quello di servizio prima del rientro nell’atmosfera terrestre. Solo il modulo di comando sarebbe tornato a terra con un tuffo nell’oceano. Per questo era munito di scudi termici che avrebbero difeso gli astronauti da morte sicura. Nell’atmosfera, infatti, non protetto, si sarebbe volatilizzato come qualsiasi corpo di piccole dimensioni arrivato dallo spazio esterno.

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Dei primi dieci veicoli Apollo, l’8, il 9 e il 10 arrivarono fino alla Luna. L’Apollo 8 percorse dieci orbite e tornò con ottime fotografie. Frank Borman, James Lovell e William Anders furono i primi uomini che girarono intorno alla Luna come i viaggiatori del famoso romanzo di Jules Verne.

I razzi vettori

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Lancio del razzo Saturn 5 dalla base di Cape Canaveral, 29 gennaio 1964.

In tutti questi anni di lavoro, di lanci, di prove e di riprove erano stati allestiti, perfezionati e resi sempre più potenti vari tipi di razzi vettori, da quelli più semplici dei primi lanci a quelli multistadio per astronavi sempre più complicate e pesanti. Se la tecnologia moderna non avesse prodotto quei giganteschi oggetti le missioni lunari non sarebbero mai avvenute. Basti pensare al gigantesco razzo a tre stadi delle missioni Apollo, il Saturn 5 di Wernher von Brown, alto 85 metri, quanto un grattacielo di 30 piani, pesante poco meno di 3.000 tonnellate. Sulla sommità era agganciata l’astronave che portava l’altezza del complesso a 110 metri. La spinta complessiva  disponibile dai tre stadi era di circa 4.000 tonnellate.

Una quantità enorme per mettere in orbita lunare poco meno di 47 tonnellate. Il solo primo stadio disponeva di cinque motori per una spinta complessiva di 3.400 tonnellate ottenuta bruciando 800.000 litri di cherosene con 1.300.000 di litri di ossigeno liquido. Esauriva il suo compito in 160 secondi, poi si staccava e precipitava nell’oceano mentre cominciavano a funzionare i cinque motori del secondo stadio.

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