Avere orecchio per la musica è un dono raro che poche persone possono vantare di possedere. Ma avere quel che in gergo viene chiamato “l’orecchio assoluto” – ossia la capacità di identificare perfettamente una nota senza nessun riferimento sonoro, anche dopo averla sentita una sola volta – è un talento naturale o ci si può allenare a svilupparlo? Finora questa abilità era considerata il risultato di lunghi anni di pratica, ma uno studio della Università della California di San Diego suggerisce invece che avere orecchio è anche questione di geni, almeno in parte. I risultati dello studio, guidato da Diana Deutsch, sono stati presentati alla 164a edizione del congresso dell’Acoustical Society of America (Asa), in corso a Kansas City fino al 26 ottobre.
Quello dell’orecchio assoluto è un talento che sembra essere più comune in Asia. In Cina, per esempio, circa il 70% dei musicisti che frequentano il conservatorio possiedono quest’abilità. Mentre in Europa e in America, la percentuale è molto più bassa, appena l’8%. La ragione di questa differenza sembrerebbe essere l’abilità di parlare una lingua cosiddetta “tonale”, come il cinese, il giapponese o il vietnamita, ossia una lingua in cui l’intonazione e la musicalità hanno un ruolo preponderante nel determinare il significato delle parole.
Per capire se l’orecchio assoluto fosse o meno legato alla genetica, i ricercatori hanno sottoposto 27 persone di lingua inglese a una prova di memoria verbale, chiamata digit span test. Tutti i soggetti coinvolti avevano studiato musica da quando avevano sei anni, e sette di loro erano stati classificati come “orecchio assoluto”. Il test consisteva nel ricordare nell’ordine corretto una sequenza numerica letta su uno schermo o ascoltata in cuffia. I risultati hanno dimostrato che i musicisti “dotati” superavano di gran lunga i loro colleghi nella parte auditiva del test, ossia erano in grado di ricordare molto meglio la sequenza di numeri che avevano ascoltato.
Risultati significativi, come spiegano i ricercatori, perché dimostrano che essere in grado di sviluppare l’orecchio assoluto è associato a una memoria auditiva, ossia la capacità di ricordare i suoni, particolarmente sviluppata, e questa dipende almeno in parte dal patrimonio genetico (ricerche precedenti avevano infatti dimostrato come il digit span test auditivo avesse una componente genetica). Possedere questo tipo di memoria, concludono gli scienziati, potrebbe favorire l’acquisizione di un buon orecchio per la musica, specialmente durante l’infanzia.
Riferimenti: Acoustical Society of America (Asa)
Credits immagine: Harsh1.0/Flickr
Una volta una studio diceva, invece, che tutti alla nascita possediamo un orecchio assoluto, ma se questa abilità non è da subito sviluppata (o mantenuta), la capacità in questione si perde in quanto viene considerata dal cervello una memoria dispendiosa inutilizzata…
Boh, poi invece si scopre che con la pratica un sacco di cose attribuite ai soli geni, migliorano, a dispetto dell’apparente immediata predisposizione. La differenza è forse rispetto a chi ci arriva “istintivamente”.
l’orecchio assoluto non è affatto la capacità di identificare perfettamente una nota senza nessun riferimento sonoro, ma consiste nella la capacità di identificare la frequenza delle note musicali, che è una cosa ben diversa, le note le identifica chiunque, le frequenze solo in pochi