Un anno fa Science l’ha inserita al primo posto tra le 10 maggiori innovazioni scientifiche del 2013 e ora Nature pubblica ben cinque studi che la riguardano. Stiamo parlando dell‘immunoterapia, una nuova strategia che sta mostrando risultati promettenti nel trattamento del cancro. Vediamo più in dettaglio di cosa si tratta e il motivo per cui se ne parla sempre più spesso.
Che cos’è l’immunoterapia?
Combattere il cancro come se fosse un’infezione: scatenandogli contro il sistema immunitario. È il rivoluzionario concetto alla base di questo nuovo approccio terapeutico. Se chemioterapia e radioterapia prendono di mira il tumore, infatti, l’immunoterapia va invece ad attivare e rinforzare il sistema immunitario del paziente, inducendolo ad attaccare le cellule malate dall’interno.
Gli approcci all’immunoterapia possono essere diversi. Uno dei più promettenti è quello che interviene sui cosiddetti checkpoint immunitari, vie metaboliche che inibiscono l’azione delle cellule adibite alla difesa del nostro organismo e che intervengono nel prevenire risposte autoimmuni. Ne è un esempio l’azione della proteina PD-L1, che legandosi con i recettori PD-1 posizionati sulla superficie dei linfociti T inibisce l’azione di quest’ultimi. Alcuni tipi di tumore sfruttano questo meccanismo a loro vantaggio, producendo essi stessi la proteina, così da eludere essi stessi il sistema immunitario. Come riferisce Nature, pazienti che non hanno mai risposto ad altri trattamenti antitumorali hanno mostrato una regressione a lungo termine della malattia dopo aver assunto farmaci che bloccano PD-L1 o il suo recettore.
Questa però è solo una delle tecniche immunoterapiche a disposizione degli scienziati. Il metodo forse più sfruttato al momento è quello che consiste nell’utilizzo di anticorpi monoclonali, ovvero anticorpi che vanno a riconoscere molecole (chiamate antigeni) presenti sulla superficie delle cellule, comprese quelle tumorali. La Food and Drug Administration ha già approvato più di una dozzina di farmaci a base di anticorpi monoclonali, come il bevacizumab, commercialmente conosciuto come Avastin, usato per il cancro al colon-retto, al polmone e al rene, e salito agli onori delle cronache giudiziarie agli inizi di quest’anno. In alcuni casi, gli anticorpi possono anche essere associati a molecole per la radioterapia o la chemioterapia, che vengono in questo modo indirizzate in maniera più specifica verso il loro bersaglio.
Un terzo approccio è quello dei vaccini contro il cancro. Si tratta in questo caso di farmaci che hanno lo scopo di immunizzare il corpo contro certo tipi di tumore e prevenirne la comparsa (si pensi al vaccino contro il Papilloma virus, che favorisce il carcinoma alla cervice), o che vanno a provocare nel paziente una risposta immunitaria specifica contro le cellule tumorali.
Infine, tra le tecniche di immunoterapia, va ricordato anche l’approccio di terapia genica per le cellule del sistema immunitario. L’idea è quella di ingegnerizzare, per esempio, i linfociti T, facendoli esprimere dei recettori in grado di riconoscere selettivamente antigeni espressi sulla superficie delle cellule tumorali, aumentando così la loro capacità di riconoscerle ed eliminarle.
Tra entusiasmi e incertezze
Rispetto ai trattamenti più radicati, l’immunoterapia offre alcuni vantaggi non trascurabili. Uno dei più significativi è la possibilità di attaccare le cellule tumorali anche in punti non raggiungibili da un chirurgo o in caso di metastasi. La risposta immunitaria, infatti, agisce a livello microscopico e può quindi prendere di mira le singole cellule malate, comprese quelle quiescenti (chemioterapia e radioterapia attaccano selettivamente cellule in divisione). Da non trascurare poi la possibilità di creare farmaci personalizzati, prelevando cellule del sistema immunitario (che possono essere trattate in laboratorio e reintrodotte nell’organismo) o frammenti di tessuto del paziente per isolare specifiche mutazioni di antigeni tumorali. L’immunoterapia inoltre presenta generalmente effetti collaterali più contenuti (anche se non del tutto assenti), dato che non va a danneggiare i tessuti sani che circondano il tumore, e può prevenire la comparsa delle recidive grazie al meccanismo di memoria immunologica, cioè la capacità del nostro organismo di “ricordare” gli antigeni che hanno provocato una risposta immunitaria e reagire nel caso si ripresentino.
Non bisogna dimenticare comunque che i promettenti risultati dei trial clinici condotti negli ultimi anni sono soltanto il primo passo. L’immunoterapia infatti è ancora una tecnica relativamente nuova, che se in alcuni pazienti ha provocato la totale scomparsa di tumori metastatici, in altri è stata un insuccesso. Resta ancora da capire la ragione di queste differenti risposte al trattamento.
Quel che è certo è che l’immunoterapia sta suscitando sempre più interesse ed entusiasmo, non solo tra gli scienziati. Le industrie farmaceutiche e biotecnologiche infatti, dopo un’iniziale scetticismo, stanno dando sempre più fiducia promettea questo nuovo approccio, tanto che immunologia e cancro saranno i protagonisti il prossimo 3 Dicembre del prossimo Bio Day 2014 organizzato a Milano da BB Biotech. Solo il tempo ci dirà se l’immunoterapia sarà in grado di mantenere le promesse.
Riferimenti: Nature doi: 10.1038/nature.2014.16395, Science doi: 10.1126/science.342.6165.1432, American Cancer Institute
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