Il cervello delle persone che soffrono di autismo presenta precise differenze funzionali rispetto a quello di una persona sana. Identificare con precisione quante e quali regioni risultano alterate è quindi fondamentale per comprendere più a fondo le cause di questa malattia, e sviluppare nuove terapie per aiutare i pazienti. Un’impresa a cui oggi siamo un passo più vicini, grazie a un nuovo studio della University of Warwick, che ha dimostrato le potenzialità di una nuova tecnica di imaging chiamata Brain-Wide Association Analysis, in grado di fornire una panoramica 3D del funzionamento dell’intero cervello. La ricerca, pubblicata sulla rivista Brain, ha permesso di analizzare le differenze tra un cervello “normale” e quello di chi soffre di autismo, svelando precise differenze nelle connessioni tra alcuni aree neurali.
La Brain-Wide Association Analysis è una metodologia basata sui cosiddetti Big Data, cioè sulla raccolta e l’analisi statistica di enormi archivi di dati. Nello studio, i ricercatori hanno utilizzato le informazioni raccolte da centinaia di risonanze magnetiche funzionali di cervelli di persone autistiche e non, mettendo in relazione oltre un miliardo di dati relativi all’attività neurale con circa 46.000 aree specifiche del cervello (anche dette voxel).
Questa tecnica, impossibile fino a pochi anni fa, ha permesso di ottenere un modello delle connessioni neurali presenti in un cervello normale e in uno autistico. I risultati hanno confermato la presenza di differenze in oltre 20 nuclei cerebrali, di cui almeno due di fondamentale importanza perché coinvolti in quella che viene definita la “teoria della mente”.
“Abbiamo identificato un sistema chiave nel modello di cervello autistico, cioè una diminuzione della connettività funzionale della corteccia visiva del lobo temporale”, racconta Jianfeng Feng, ricercatore della University of Warwick che ha coordinato lo studio. “Si tratta di una regione coinvolta nel processamento delle espressioni facciali relativo al comportamento sociale, che negli autistici ha minori collegamenti funzionali con la corteccia prefrontale ventromediale, implicata invece nelle emozioni e nella comunicazione sociale”.
Un altro nucleo funzionalmente compromesso nel cervello degli autistici sarebbe presente in una zona del lobo parietale, dove è localizzato un processo chiave per il processamento dei dati spaziali. Le due aree con minori connessioni svolgerebbero secondo i ricercatori un ruolo chiave nei processi computazionali che determinano la teoria della mente, cioè l’attribuzione di credenze e stati mentali a se stessi e agli altri, e la loro alterazione potrebbe dare un contributo fondamentale all’insorgere dei principali sintomi dell’autismo.
Visto il successo dello studio, i ricercatori pensano ora di utilizzare la Brain-Wide Association Analysis per analizzare anche altri tipi di disturbi della sfera cognitiva, come il disturbo ossessivo compulsivo, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività, o la schizofrenia.
Riferimenti: Brain DOI: http://dx.doi.org/10.1093/brain/awv051
Credits immagine: University of Warwick
Complimenti. Bellissima ricerca e sintesi molto precisa. Credo proprio che questo studio apra uno spaccato molto interessante sul “modo di funzionare” della mente nell’autismo.