Il titolo originale era piuttosto stringato. Die Grundlage der allgemeinen Relativitätstheorie. Ovvero, più o meno, La fondazione della teoria della relatività generale. 54 paginette scritte in tedesco fitto fitto, destinate a cambiare radicalmente il corso della scienza, pubblicate un secolo fa sulla rivista Annalen der Physik da un ex impiegato dell’ufficio brevetti di Berna, poi diventato professore di fisica nell’ateneo della città svizzera.Albert Einstein, si chiamava. E la relatività generale non era il suo primo exploit. Già dieci anni prima, nel 1905 – il famoso annus mirabilis – Einstein aveva prodotto ben sei lavori in sette mesi (tra questi, quello sulla relatività ristretta e quello sull’effetto fotoelettrico, che gli frutterà il premio Nobel per la fisica nel 1921).
Per celebrare la ricorrenza, la rivista Science ha dedicato uno speciale alla relatività generale, composto di due articoli di review, un fumetto interattivo, un video sulle onde gravitazionali, un quiz e un lavoro scientifico che dimostra, ancora una volta, la precisione delle predizioni del fisico di Ulm. Ma facciamo per un momento un passo indietro. La relatività generale – “la più sorprendente combinazione di penetrazione filosofica, intuizione fisica e abilità matematica”, come la definì un altro premio Nobel per la fisica, Max Born – prende spunto dalle conclusioni cui arrivò lo stesso Einstein nel 1905, quando elaborò la relatività ristretta, una teoria che risolveva le contraddizioni tra equazioni di Maxwell (relative all’elettromagnetismo) e relatività galileiana. La relatività ristretta, a sua volta, era però in contraddizione con la teoria della gravitazione universale di Newton. Un bel ginepraio, insomma.
Per uscirne, Einstein elaborò un’equazione di campo che rivoluzionava completamente il concetto di gravità. Secondo tale equazione, che rappresenta il nocciolo della relatività generale, la forza gravitazionale non è altro che la manifestazione della curvatura di una nuova entità, lo spazio-tempo (una specie di tessuto a quattro dimensioni – tre spaziali e una temporale – in cui vive il nostro Universo).
Per spiegare il meccanismo, i fisici si aiutano spesso con la metafora del foglio di gomma. Lo spazio-tempo si può immaginare, per l’appunto, come una superficie morbida che viene curvata dalle masse che vi sono appoggiate (anche se la metafora non è assolutamente corretta dal punto di vista scientifico, rende abbastanza bene l’idea di Einstein). La forza di gravità avvertita, per esempio, dalla Terra nei confronti del Sole è il risultato della curvatura del foglio di gomma quadridimensionale causata dalla massa del Sole stesso. Per sviluppare la sua intuizione, Einstein si servì degli strumenti matematici appena messi a punto dagli italiani Luigi Bianchi,Gregorio Ricci-Curbastro e Tullio Levi-Civita.
La relatività generale, naturalmente, non è solo una bella ipotesi. È stata ampiamente verificata. La prima conferma arrivò già nel 1919, in occasione di un’eclissi di Sole. L’astronomo Arthur Eddington, infatti, riuscì a osservare alcune stelle molto vicine al bordo del Sole, che avrebbero dovuto essere invisibili perché si trovavano dietro il Sole stesso (rispetto al punto di vista di un osservatore terrestre). Il fenomeno avveniva perché, come predetto da Einstein, anche la luce delle stelle era deviata dalla curvatura dello spazio-tempo prodotta dalla massa del Sole. A questa verifica ne sono seguite molte altre: l’ultima, solo in ordine di tempo, è l’osservazione di una supernova distante la cui luce si divide in ben quattro percorsi diversi sempre a causa della curvatura dello spazio-tempo (in gergo scientifico, l’effetto è chiamato lente gravitazionale), dando origine alla cosiddetta croce di Einstein.
Un fenomeno così spettacolare, è dovuto, ancora una volta, all’effetto di cluster galattici estremamente massicci che, curvando lo spazio-tempo, si comportano come enormi lenti di ingrandimento: in questo caso, l’ammasso J1149.6+2223 ha creato quattro immagini separate della supernova Refsdal. “In sostanza”, ha spiegato Patrick Kelly, che ha scoperto la croce, “vediamo la supernova quattro volte e siamo in grado di misurare lo sfasamento temporale nell’arrivo delle quattro sorgenti luminose sulla Terra. Questo ci potrebbe aiutare a verificare con precisione ancora maggiore le previsioni di Einstein e misurare la velocità di espansione dell’Universo”. Ma non solo: lo studio del fenomeno potrebbe consentire anche di capire la composizione dell’ammasso galattico in termini di materia luminosa e materia oscura. E c’è un’altra buona notizia: secondo le previsioni degli scienziati, fra 10 anni dovrebbe apparire un’altra immagine simile della stessa supernova. Staremo a vedere.
Via: Wired.it
Credits immagine: Image courtesy of Z. Levay at NASA’s Space Telescope Science Institute and ESA. Patrick Kelly and Alex Filippenko at UC Berkeley contributed to the discovery and analysis.
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