Gli ha girato intorno oltre 4mila volte ed ora sta per avvicinarlo come mai prima. Infatti, durante la serata (per noi qui in Italia) del 30 aprile la sonda della Nasa Messenger (MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemistry, and Ranging) piomberà su Mercurio, il più piccolo dei pianeti del Sistema solare e il più vicino al Sole. L’impatto della prima sonda nella storia dell’esplorazione spaziale a orbitare Mercurio sul pianeta – dovuto all’esaurimento del carburante e alla forza gravitazione esercitata dal Sole – avverrà a una velocità di 3,91 chilometri al secondo. Avrà fine così, con la formazione di un cratere dal diametro di circa 16 chilometri, la missione lanciata nel 2004 e in orbita intorno al pianeta dal marzo 2011. Missione che ci ha permesso di alzare un velo sulla storia e sull’evoluzione del pianeta (oltre che collezionarne migliaia di immagini). Ecco quali sono state le maggiori scoperte firmate dal team che ha gestito la missione Messenger col suo carico di strumenti progettati per operare nell’ambiente estremo che si ha nelle vicinanze del Sole.
Mercurio è ricco di elementi volatili
Tra le principali scoperte di Messenger posto di rilievo quello della presenza di una notevole quantità di elementi volatili che evaporano a temperature moderatamente elevate. In modo particolare alte concentrazioni di potassio sono state rivelate nelle zone settentrionali grazie al Gamma-Ray Spectrometer della sonda. Altri elementi volatili scoperti dalla sonda sono stati lo zolfo, il sodio e il cloro. L’abbondanza di zolfo insieme alle piccole quantità di ferro rivelate suggerisce che il pianeta si sia formato da materiali meno ricchi di ossigeno di quelli che hanno dato vita ad altri pianeti rocciosi, spiegano gli esperti.
Acqua ai poli?
Le osservazioni compiute dal Mercury Dual Imaging System, dal Mercury Laser Altimeter, dal Neuron Spectrometer combinate con quelle del radiotelescopio di Arecibo hanno permesso agli scienziati di ipotizzare la presenza di acqua allo stato ghiacciato in prossimità delle regioni polari, in crateri permanentemente in ombra.
Uno strano campo magnetico
Mercurio possiede un campo magnetico circa 100 volte più debole di quello terrestre. Il campo magnetico misurato da Messenger sarebbe è alquanto anomalo, con una spiccata asimmetria che lo renderebbe più forte nelle zone settentrionali. Il Magnetometer a bordo della sonda ha rivelato che il campo magnetico è deviato rispetto all’asse di rotazione del pianeta, di circa un 20% la lunghezza del raggio. Inoltre la magnetosfera del pianeta è altamente dinamica, a causa, spiegano gli esperti, del piccolo campo magnetico e della vicinanza al Sole. Una delle caratteristiche quasi permanenti di questa magnetosfera sono gli elettroni energetici.
Misteriose depressioni
Tra le formazioni più caratteristiche della superficie di Mercurio ci sono gli hollows (avvallamenti, incavi), depressioni irregolari, poco profonde. Sono, spiegano gli esperti, tra le formazioni più giovani e brillanti della sua superficie. Come si formino non è ben chiaro, ma un’ipotesi potrebbe essere quella della perdita (come sublimazione) di materiale dalla superficie per la creazione di queste depressioni.
Una superficie plasmata dalla lava
Il vulcanismo ha contribuito notevolmente a modellare la superficie del più interno dei pianeti solari, con flussi di lava che hanno prodotto vallate attraverso fenomeni di erosione meccanica e termica.
Un pianeta alquanto contratto
Grazie alle analisi compiute da Messenger sappiamo inoltre quanto Mercurio si sia ristretto: più o meno il suo raggio si è contratto di circa sette chilometri. Alcune caratteristiche topografiche del pianeta, come le Carnegie Rupes, sono il prodotto di questo restringimento, in risposta al raffreddamento e alla contrazione dell’interno del pianeta. La morfologia del pianeta è stata elaborata grazie alle osservazioni compiute dal Mercury Laser Altimeter e dal Mercury Dual Imaging System a bordo di Messenger.
Un’atmosfera variabile
Mercurio ha una debole atmosfera, sottoposta anche a cambiamenti stagionali, in dipendenza alla vicinanza del pianeta al Sole, come ha osservato il Mercury Atmospheric and Surface Composition Spectrometer. L’esosfera del pianeta è una delle più dinamiche del Sistema solare, come mostrato per esempio dalle variazioni della coda di sodio (simile alla coda di una cometa) a causa delle variazioni nella pressione della radiazione solare che si verificano mentre Mercurio percorre la sua orbita.
Via: Wired.it
(Credits immagine: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington)