“Per metà del mondo ogni giorno è un malaria day. Un giorno in cui continuare la lotta contro questa malattia mortale”. Il monito che campeggia sulla pagina del sito del World Malaria Day, che ricorre oggi 25 aprile, racconta da solo le dimensioni, sanitarie e sociali, della lotta contro la malaria. Basta infatti un numero a rendere l’idea di problema sanitario per il quale l’Organizzazione mondiale della sanità torna a chiedere oggi un impegno globale in termini di prevenzione, diagnosi e trattamento: 3,2 miliardi, ovvero il numero di persone oggi a rischio di contrarre la malattia. Malattia che ha visto sì un rapido declino a partire dal 2000, ma che colpisce ancora troppo per dirsi vicini a un mondo malaria free. L’obiettivo da raggiungere con l’impegno globale è ambizioso: eliminare la malattia da 35 paesi nel mondo entro il 2030, riducendone casi e decessi del 90% rispetto a quelli registrati oggi. Perché la malaria è una malattia mortale ma si può prevenire e curare, investendo proprio su prevenzione e controllo, con interventi di rafforzamento dei sistemi sanitari, impegno politico e finanziamenti.
Dove e quanto colpisce
Metà della popolazione mondiale è a rischio, lo abbiamo detto, ma quante sono ancora oggi le vittime della malattia? Secondo gli ultimi dati disponibili (World Malaria Report 2014), nel 2013 i casi sono stati quasi 200 milioni e 584 mila le morti, la maggior parte bambini delle regioni africane (il 78% del totale sono bambini sotto i 5 anni). Un dato in netta diminuzione dal 2000 (meno 47% la mortalità riferita al 2013), anche se lo scorso anno focolai di trasmissione della malattia sono stati segnalati in ben 97 paesi. La maggior parte dei contagi e delle morte avvengono nell’Africa subsahariana, ma anche l’Asia, l’America Latina e in misura minore il Medio oriente e alcune regioni europee ne sono interessati. A rischio sono soprattutto i bambini che non hanno sviluppato ancora difese immunitarie nelle zone a trasmissione stabile della malattia, così come le donne incinta, anche se parzialmente immunizzate (la malattia causa aborti e basso peso del nascituro), le persone con Hiv/Aids e i viaggiatori provenienti da zone in cui la malattia non è endemica e non hanno pertanto potuto sviluppare alcuna difesa immunitaria contro la malattia.
Da cosa è causata
La malaria è causata da un piccolo parassita: il protozoo del genere Plasmodium che si trasmette alle persone attraverso le punture di zanzare (Anopheles, diverse specie) infette, che sono per i vettori della malattia. Il Plasmodium compie parte del suo ciclo vitale nelle zanzare e parte nell’uomo. Le specie che causano la malattia sono sostanzialmente quattro: Plasmodium falciparum; Plasmodium vivax; Plasmodium malariae e Plasmodium ovale (a cui ultimamente si sarebbe aggiunta la specie Plasmodium knowlesi, tipica delle scimmie e che si ritrova in alcune regioni del sud-est asiatico). Il falciparum e il vivax sono le specie più comuni, e il primo anche il più mortale. La trasmissione della malattia dipende da diversi fattori: tanto dal plasmodio, quanto dalla specie vettrice che dal soggetto che viene punto e dall’ambiente. Per esempio è maggiore dove le zanzare vivono a lungo (e danno così tempo al plasmodium di svilupparsi) e hanno preferenza per pungere gli essere umani: condizioni entrambe comuni nelle zanzare africane e che spiegano come mai oltre il 90% delle morti per malaria avvenga proprio qui. Anche le condizioni climatiche, e soprattutto i fattori che influenzano la quantità di acqua disponibile (e quindi la riproduzione delle zanzare) – come piogge, temperature e umidità – e le difese immunitarie delle persone (più sviluppate nelle zone endemiche contro la malattia) incidono sulla probabilità di trasmissione.
I sintomi e la diagnosi
La tipologia dei sintomi così come le tempistiche della loro comparsa sono molto variabili quando si parla di malaria. I casi possono essere da asintomatici (soprattutto nel caso le infezioni colpiscano una persona che abbia sviluppato parziale immunità contro la malattia) a molto gravi, e manifestarsi in un periodo che va dai 7 ai 30 giorni dopo la puntura di una zanzara infetta (i tempi variano anche a seconda del tipo di plasmodio coinvolto e possono estendersi anche per mesi nel caso in cui ci si sia sottoposti a profilassi farmacologica). I sintomi sono alquanto comuni con quelli di una brutta influenza e se destanoimmediatamente sospetto nelle zone endemiche (tanto che i trattamenti possono iniziare anche prima che arrivi una diagnosi medica) sono di norma più difficili da ricondurre alla malattia nelle zone non colpite. Quelli più comuni infatti possono essere confusi con l’influenza in assenza di un’anamnesi approfondita: mal di testa, sudorazione, vomito, nausea, dolori muscolari e febbre, anche se in caso di malaria a volte si riscontrano tipici attacchi, caratterizzati da brividi, febbre e sudorazione in sequenza. Anemia, ingrossamento della milza e del fegato sono gli altri sintomi della malattia. La conferma di malattia si ha con l’esame microscopico del sangue, teso a rintracciare le caratteristiche modifiche prodotte dall’infezione del plasmodio, o con test rapidi parassitologici, che in genere comportano il riconoscimento di alcune proteine del plasmodio.
Come si cura
La malaria non solo è prevenibile (con zanzariere, insetticidi, e altre misure di controllo della diffusione dei vettori oltre che comportamenti personali per ridurre il rischio di punture e la profilassi farmacologica) ma anche curabile, soprattutto se si interviene prima che il parassita causi cronicizzazione della malattia e complicazioni sistemiche che portano il paziente a morte (l’ideale sarebbe un intervento antimalarico entro 24 ore dall’esordio della febbre). I trattamenti in uso mirano quindi ad eliminare il Plasmodium dal circolo sanguigno, evitando così al contempo che causi danni fatali e riducendo il tempo in cui rimane nell’ospite riducendo i reservoir infettivi (e abbassando così il rischio di trasmissione ad altre persone). I trattamenti variano a seconda della gravità dei sintomi che del tipo di parassita coinvolto. Così, secondo l’Oms, le terapie di combinazione basate sull’artemisinina (artemisinin-based combination therapies, ACTs) sono raccomandate nei casi di malattia non grave causata da P. falciparum, e considerati i più efficaci farmaci antimalarici ad oggi disponibili (cinque quelli consigliati anche nell’ultima edizione delle Linee guida per il trattamento della malaria), e la cui scelta va effettuata sulla base delle evidenze di efficacia terapeutica disponibili per il ceppo locale. L’efficacia dei trattamenti ACTs è messa in discussione dall’emergenza della resistenza all’artemisinina, presente all’inizio dell’anno in Cambogia, Laos, Myanmar, Tailandia e Vietnam. La clorochina invece dovrebbe essere utilizzata nelle aree in cui il farmaco rimane efficace contro P. vivax, P. ovale, P. malariae or P. knowlesi (in caso di resistenza alla clorochina scegliere le ACTs). Nei casi più gravi invece l’Oms raccomanda l’uso di medicinali del gruppo dell’artemisinina (artesunate) anche per via endovenosa o intramuscolare e laddove non disponibile consiglia di ricorrere all’artemetere in preferenza del chinino.
La ricerca di un vaccino
Sebbene prevenibile e curabile, la malaria non ha ancora unvaccino come ulteriore arma di difesa contro la diffusione del parassita, a causa del suo complicato ciclo vitale e della sua capacità di eludere il sistema immunitario. Diversi sono quelli in esame nei trial però, il più promettente dei quali si chiama RTS,S/AS01, il primo a raggiungere fasi avanzate negli studi clinici, sviluppato dalla GlaxoSmithKline Biologicals (Gsk) e dalla PATH Malaria Vaccine Initiative (MVI). Il vaccino in fase di sviluppo è diretto contro il P.falciparum e i risultati finali della fase 3 dello studio, che ha coinvolto oltre 15 mila bambini dell’area subsahariana sono appena stati pubblicati su Lancet. Ora spetta all’Ema (European Medicines Agency) rividere i dati, che dicono sostanzialmente quanto segue. L’efficacia del vaccino sembra svanire nel tempo e la protezione non raggiunge i livelli iniziali neanche con un richiamo, riferisce la Bbc. Complessivamente il vaccino ha un’efficacia variabile: dal 18% nei bambini più piccoli al 36% in quelli più grandi, e sebbene possano sembrare numeripiccoli, avvertono gli esperti, nessun vaccino è mai andato così avanti e raggiunto risultati simili, tanto che, concludono ricercatori su Lancet: “il vaccino può contribuire al controllo della malaria quando usato in combinazione con altre misure di sorveglianza efficaci, soprattutto in aree ad alta trasmissione”.
Via: Wired.it
Credits immagine: La Veu del País Valencià/Flickr CC