HomeAmbienteAll'origine delle cascate di sangue in Antartide

All’origine delle cascate di sangue in Antartide

di
Floriana Giuganino

L’Antartide non è certo conosciuto per la vivacità dei suoi colori: il grigio della roccia si alterna monotono al bianco della neve, e i toni accesi sembrano banditi. Ma il ghiacciaio Taylor fa eccezione: durante la bella stagione una sorgente di acqua rossa sgorga infatti dalle sue pareti, tingendole irrimediabilmente di un rosso acceso e rappresentando uno spettacolo unico al mondo. Sono le cosiddette cascate di sangue”, situate nelle Valli Secche di McMurdo, nell’Antatide orientale. Scoperte nel 1911 dal geografo australiano Griffith Taylor, soltanto adesso è stato possibile esplorare il lago sotterraneo che le alimenta e capirne qualcosa di più.

Le cascate hanno origine infatti da un bacino ricco di sale e ferro, sepolto dai ghiacci, la cui natura ed estensione è rimasta per lungo tempo sconosciuta. Ora un team di geologi capitanato dalla microbiologa Jill Mikucki dell‘Università del Tennessee, ha permesso di svelare anche questo mistero. Grazie a un innovativo sensore elettromagnetico chiamato SkyTEM e montato su un elicottero, è stato possibile mappare il sottosuolo dell’intera zona, scoprendo una fitta rete di canali sotterranei in cui circola acqua salmastra che collega i laghi ghiacciati della regione.

In queste acque fredde e prive di luce, nonostante le condizioni di vita estreme, i carotaggi hanno svelato un’attiva comunità microbica. Sono proprio questi microrganismi a donare alle cascate di sangue il loro colore: la loro sopravvivenza è infatti affidata all’ossidazione dei minerali ricchi di zolfo intrappolati nel lago. Questa operazione produce, come scarto metabolico, grandi quantità di ferro. Quando durante l’estate antartica i ghiacci si ritirano, le acque entrano in contatto con l’ossigeno atmosferico, ed è proprio l’ossidazione di questo ferro che porta le acque a tingersi di rosso.

La presenza di attività batteriche in un ambiente così ostile potrebbe avere implicazioni anche per la ricerca di vita extraterrestre. “Se c’è vita sotto a questo ghiacciaio, chi ci dice che non possa esserci anche al di sotto della calotta polare di Marte o di Europa, uno dei satelliti naturali di Giove?”, si chiede Jill Mikucki.

Riferimenti: Nature Communications doi: 10.1038/ncomms7831 (2015)

Credits immagine: Peter Rejcek, National Science Foundation

Questo articolo è stato prodotto in collaborazione con il Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara

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