La principale causa della cataratta, la forma più comune di cecità, si sa, è l’invecchiamento. Sorge quando le proteine all’interno del cristallino, la lente che mette a fuoco l’immagine, si ossidano e formando grumi insolubili, opacizzandolo. Arriva ora dall’Università del Michigan uno studio che ha identificato un composto in grado di ridurre questo fenomeno, suggerendo un possibile trattamento alternativo all’unica terapia attualmente in uso, ossia la sostituzione del cristallino opacizzato con una lente artificiale tramite intervento chirurgico.
Le proteine più comuni del cristallino sono le cristalline alfa, suddivise in αA-cristalline (cryAA) e le αB-cristalline (CRYAB). Queste proteine svolgono un ruolo fondamentale nella dissoluzione delle altre proteine, perché agiscono come “chaperones”, prevenendo la comparsa di associazioni non corrette e di catene polipeptidiche non ripiegate, che si ripiegano in modo insolubile.
Leah Makley e il suo team hanno iniziato identificando le molecole che si legano e stabilizzano le proteine cristalline. Durante l’analisi il team ha notato una netta differenza tra il punto di fusione delle normali proteine CRYAB e una forma mutata ereditaria, la R120G CRYAB, responsabile del misfolding (scorretto ripiegamento). Così dopo aver selezionato 2.450 composti, i ricercatori hanno identificato in una provetta quello capace di normalizzare il punto di fusione di questa proteina mutata: il composto 29. Questo, oltre a entrare perfettamente tra le due subunità della proteina, si è dimostrato in grado di stabilizzarla e, quindi, di impedire l’aggregazione della R120G CRYAB, nonché di invertire l’aggregazione già avvenuta precedentemente.
“Abbiamo individuato un composto che si lega alle alfa-cristalline (cryAA e CRYAB) e siamo stati in grado di invertire la loro aggregazione in vitro. Abbiamo, inoltre, verificato che il composto ha migliorato la trasparenza del cristallino dei topi e ex vivo in quello umano, ha spiegato Makley: “Risultati, questi, che suggeriscono un nuovo potenziale approccio per il trattamento delle cataratta”.
Riferimenti: Science Doi: 10.1126/science.aac9145
Credits immagine: Demi-Brooke/Flickr CC