Uno studio, pubblicato su Nature Neuroscience, mostra un nuovo, sorprendente punto di vista sulle possibili cause che scatenano la sclerosi multipla (Sm), una malattia che affligge, nel mondo, oltre 2 milioni e mezzo di persone. Secondo i risultati, la sclerosi multipla avrebbe infatti origine dalla morte delle cellule cerebrali che fungono da isolanti attorno alle fibre nervose. Se questo fosse confermato, una terapia a base di nano-particelle, che stanno venendo sviluppate in questo momento per i primi test clinici, potrebbero essere utilizzate per trattamenti privi di effetti collaterali negli adulti affetti.
I ricercatori hanno mostrato come la sclerosi può avere inizio quando un danno al cervello distrugge le cellule, chiamate oligodendrociti, che producono la mielina, una sostanza composta principalmente da lipidi che funge da isolante elettrico attorno alle fibre nervose che permettono la trasmissione degli impulsi nervosi. Gli oligodendrociti possono essere distrutti da varie cause, come ad esempio uno sviluppo anomalo, ma anche virus, batteri, tossine o fattori inquinanti presenti nell’ambiente. La loro morte causa una risposta autoimmune contro la mielina, che dà origine appunto alla sclerosi multipla (ed è sui fattori iniziali scatenanti questo processo, e dunque la malattia, che si discute da tempo).
Nello studio, i ricercatori, guidati da Stephen Miller, hanno sviluppato un modello di topi geneticamente modificati in cui gli oligodendrociti erano stati distrutti, affliggendo la capacità dell’animale di camminare. Il sistema nervoso centrale era in grado, inizialmente, di rigenerare queste cellule e di far si che i topi camminassero nuovamente. Tuttavia circa 6 mesi dopo, le caratteristiche della sclerosi si ripresentavano, provando la teoria degli scienziati che è, in primo luogo, la morte degli oligodendrociti a causarla (negli esseri umani la malattia solitamente insorge anni dopo il danno iniziale al cervello).
Nella ricerca, gli scienziati hanno anche sviluppato il primo modello animale della forma progressiva della malattia, che permetterà di effettuare test di nuovi farmaci sui topi; in particolare, nano-particelle in grado di far si che l’organismo “tollerasse” la mielina hanno avuto l’effetto di fermare lo sviluppo della sclerosi multipla progressiva.
“Ci sentiamo incoraggiati dal fatto che la tolleranza indotta con le nano-particelle è riuscita a fermare in modo efficiente l’avanzamento della malattia in un modello di sclerosi multipla,” ha commentato Miller, mentre Brian Popko, co-autore dello studio, ha sottolineato l’importanza di iniziare il trattamento al momento giusto: “Proteggere gli oligodendrociti in individui a rischio potrebbe ritardare o addirittura impedire lo scatenamento della malattia. Prima interveniamo a livello terapeutico, più grande è l’impatto.”
Riferimenti: Nature Neuroscience doi: 10.1038/nn.4193
Credits immagine: NICHD/Flickr CC