La sfida a colpi di atterraggi spaziali tra Jeff Bezos e Elon Musk continua a sfornare record. Solo una settimana fa era stata la Blue Origine di Bezos a portare a casa il terzo rientro verticale consecutivo del suo New Sheppard, ma lo scorso venerdì 8 aprile SpaceX ha collezionato un successo che eclissa quelli della rivale. Dopo i quattro fallimenti consecutivi nei test precedenti, la società di Musk è riuscita infatti a far atterrare il suo Falcon 9 su una nave teleguidata, o drone ship, nel mezzo dell’Oceano Atlantico, un’impresa mai riuscita che dovrebbe aprire le porte allo sviluppo della prima generazione di veicoli spaziali riutilizzabili dalla la fine del programma Shuttle.
Il primo atterraggio spaziale di Musk in realtà era arrivato già lo scorso dicembre, ma si trattava di un rientro, più facile, sulla terra ferma. Questa volta il razzo Falcon 9 è invece sceso su una piattaforma mobile autonoma guidata da un Gps. Un gioiello ingegneristico battezzato “Of Course I Still Love You” (o, “ovviamente ti amo ancora”, un tributo al romanzo L’impero di Azad di Iain M. Banks), che renderà possibile il riutilizzo dei razzi inviati su orbite che prevedono un rientro ad alta velocità, impraticabile negli spazioporti di terra.
Anche prima di atterrare comunque, il razzo di SpaceX aveva portato a termine una missione di grande importanza. La Nasa aveva infatti affidato alla società di Musk il trasporto del modulo Beam, il primo ambiente gonfiabile per astronauti, fino alla Stazione Spaziale Internazionale. La struttura è stata consegnata con successo a bordo di una capsula Dragon, ed è stata montata lo scorso sabato, in attesa di essere gonfiata verso la fine di maggio.
Il nuovo comparto, della dimensione di una piccola camera da letto, è prodotto dalla Bigelow Aerospace e rappresenta una novità nella tecnologia delle stazioni spaziali. Per questo, nei primi anni gli astronauti si terranno per lo più alla larga dal modulo, in modo da verificarne la sicurezza. Se tutto andrà come sperato però, la Bigelow Aerospace progetta di costruire e inviare nello Spazio due intere basi spaziali completamente gonfiabili. Anche la Nasa è estremamente interessata alla nuova tecnologia, che sta studiando con l’idea di utilizzarla per ospitare gli astronauti della prima missione umana su Marte.
via Wired.it