Che le popolazioni di batteri che abitano sopra e dentro il nostro corpo abbiano un impatto sulla nostra salute è ormai accettato come un dato di fatto e particolari composizioni della flora intestinale sembrano caratterizzare determinate patologie e stati di minor benessere generale. Per utilizzare queste informazioni nella diagnostica occorre tuttavia risolvere ancora alcuni problemi; in particolare capire se esista una composizione che si possa definire “normale”, quali siano i fattori che la influenzano e gli indicatori più adeguati per monitorarne la situazione.
Come hanno appena fatto due studi, pubblicati in uno speciale su Science, che hanno utilizzato campioni di sangue e di feci, esami clinici e dettagliati questionari sullo stato di salute e sulle abitudini di vita di 1106 persone in Belgio e 1135 in Olanda.
Le ricerche hanno evidenziato che fattori ritenuti precedentemente molto importanti per la composizione del microbiota, come il tipo di nascita (naturale o tramite parto cesareo), l’allattamento (al seno o artificiale), l’indice di massa corporea, hanno in realtà minor importanza di quanto pensassero in precedenza gli studiosi.
Di contro sembrano esercitare maggior influenza alcuni medicinali, come gli antibiotici (e questo poteva essere atteso) ma anche le statine e i farmaci contro il bruciore di stomaco; poi anche l’efficienza respiratoria, l’età e il consumo di cioccolato. Nel complesso sono moltissimi i fattori intrinseci, ambientali, relativi alla dieta e ai farmaci, che contribuiscono alla composizione del microbiota intestinale.
Unendo i propri dati con quelli di precedenti studi, i ricercatori hanno raccolto, in un campione di quasi 4000 soggetti, più di 600 generi (cioè gruppi di specie di batteri correlati tra loro) e hanno riscontrato che il 95% delle persone condividono 14 di questi generi, suggerendo quindi che esista un nucleo comune di microbioma umano.
Tuttavia l’insieme di tutti i fattori correlati alla composizione del microbiota impatta meno del 20% sulla diversità microbica. Questo suggerisce che restano ancora molti misteri da svelare nell’universo dei nostri inquilini intestinali.
Riferimenti: Science DOI: 10.1126/science.aad3503; DOI: 10.1126/science.aad3369
Articolo prodotto in collaborazione con il Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara