Un piccolo robot, poco più grande di una monetina (il peso è solo un decimo di grammo, l’altezza è solo 2 cm), in grado di “appollaiarsi” e spiccare il volo da una varietà di superfici diverse, tra cui legno, vetro e una foglia. È RoboBee, un altro esempio di come la robotica e l’ingegneria possono imparare dalla natura per produrre la prossima generazione di robot aerei, i cui utilizzi variano dall’ispezionare una zona in seguito a un disastro naturale al rilevamento di composti chimici dannosi in una specifica area.
Progettato e realizzato da Moritz Alexander Graule e i suoi colleghi del Mit, e descritto in uno studio pubblicato su Science, questo nuovo robot sembra risolvere il problema principale degli automi in grado di volare: rimanere sospesi in aria infatti, anche solo per meno di un’ora, costa moltissimo da punto di vista energetico. Potersi appoggiare su una superficie durante una missione fornisce un modo per aumentarne di molto la durata, oltre a diminuire i costi.
Per realizzare il prototipo, Graule e il suo team si sono inspirati alle api (da cui, appunto, il nome RoboBee), e hanno utilizzato la legge di Coulomb per permettere al robot di atterrare (la legge di Coulomb sostiene che, dati due corpi elettrizzati, a una certa distanza l’uno dall’altro, essi interagiscono con una forza di tipo elettrico che è inversamente proporzionale al quadrato della distanza).
Sulla parte superiore del robot, gli scienziati hanno attaccato un componente elettrostatico in grado di distribuire uniformemente una carica elettrica, che viene acceso quando RoboBee deve atterrare e spento una volta pronto a spiccare nuovamente il volo. Il componente contiene anche uno strato di schiuma, in modo da poter attutire gli effetti dell’atterraggio, e per evitare che RoboBee rimbalzi contro la superficie. Infine, un sistema di telecamere sensibili al movimento aiuta il robot ad allinearsi con la superficie.
Riferimenti: Science doi: 10.1126/science.aaf1092