Un solo trial, per di più piccolo. Così Gary Steinberg della Stanford University School of Medicine ha presentato i risultati del suo studio sull’utilizzo delle cellule staminali mesenchimali in alcuni pazienti colpiti da ictus. Completamente diverso il tono da quelli che avevano caratterizzato la vicenda Stamina, sebbene anche qui si abbia a che fare con disturbi neurologici e con cellule staminali mesenchimali (in questo caso vere, e non presunte). Lo studio di Steinberg, messo in piedi soprattutto per valutare la sicurezza dell’iniezione di staminali mesenchimali nel cervello, ha che mostrato anche efficacia come trattamento. Le cellule sembrerebbero infatti capaci di ristabilire parte delle funzioni motorie perse, come raccontano ricercatore e colleghi nellapubblicazione su Stroke.
L’ictus, se non gestito nelle fasi acute, ovvero in quelle immediatamente successive all’evento (che può essere di tipoischemico o emorragico), può lasciare il paziente con disabilitàche solo in alcuni casi possono essere riparate.
Anche in tal caso, il recupero delle funzioni compromesse avviene generalmente in un tempo limitato dopo l’ictus, tipicamente entro i sei mesi. Anche per questo i risultati di Steinberg sono in qualche modo sorprendenti.
Nello studio sono stati arruolati 18 pazienti (età media 61 anni), per la maggior parte dei quali era trascorso più di un anno dall’ictus, tutti con disabilità motorie gravi: alcuni non riuscivano a camminare, altri a muovere le braccia, per esempio. In questi pazienti i ricercatori hanno osservato quale effetto potesse avere l’iniezione nel cervello – praticata da un neurochirurgo, attraverso perforazione del cranio, non quindi iniettate nel circolo sanguigno come per Stamina – di cellule staminali mesenchimali, in più aree intorno alla zona colpita da ictus. Più correttamente, nei pazienti sono state introdotte cellule SB623, tecnicamente preparazioni staminali prelevate dal midollo osseo e modificate in modo da aiutare il recupero dei neuroni danneggiati, per ristabilire la funzione neurologica persa, spiegano i ricercatori. Le staminali mesenchimali sono un tipo di staminali adulte, che possono differenziarsi in diversi tipi cellulari, come quelle che costituiscono il tessuto osseo o il tessuto adiposo e sembrerebbero essere ben tollerate quando trapiantate in un ricevente diverso dal donatore (sebbene al riguardo la discussione sembrerebbe ancoraaperta).
In seguito all’intervento, gli scienziati hanno monitorato strettamente i pazienti, senza rivelare sostanziali effetti collaterali, se non mal di testa principalmente imputabili all’intervento stesso più che all’iniezione delle cellule, e temporanei vomito e nausea.
Malgrado le cellule non sembrino rimanere a lungo nel cervello(circa un mese), come suggerito anche dagli studi preclinici, i medici hanno osservato che i pazienti mostravano recuperi nel primo mese dopo l’iniezione, ma anche a seguire, mantenendoli fino a un anno dall’operazione. Fino a due in alcuni casi.Miglioramenti – come la riacquisizione del movimento del pollice o della capacità di deambulare, sottolinea Steinberg –clinicamente osservati e misurati.
Ma in che modo le cellule avrebbero prodotto i benefici osservati? L’idea di Steinberg è che i fattori secreti dalle staminali subito dopo la loro infusione stimolerebbero la riattivazione o larigenerazione del tessuto nervoso circostante.
Notevole, conclude il ricercatore, anche il fatto che i benefici siano stati osservati indipendentemente dall’età dei pazienti o dal grado di gravità all’inizio dello studio. Ma, come cautela e mancanza di prove certe impongono, sarà necessario allargare il set di studio per avere dati più affidabili. Per confermare che circuiti cerebrali una volta creduti morti in realtà non lo sono, conclude Steinberg.
Via:Wired.it