Troppo sale nel terreno, poca disponibilità d’acqua o l’attacco da parte di parassiti: sono questi e molti altri i peggiori incubi delle piante. E se fino a qualche decennio fa era ancora ampiamente messa in dubbio l’ipotesi di un mondo nel quale i vegetali potessero comunicare tra loro e allertarsi a vicenda in caso di pericolo, recentemente arrivano sempre maggiori prove a tal sostegno, come racconta a Galileo Camilla Pandolfi, ricercatrice di Fisiologia vegetale all’Università degli Studi di Firenze, che con il progetto Roots ha indagato il linguaggio delle piante in situazioni di stress.
Dottoressa Pandolfi, in cosa consiste il vostro progetto?
“Siamo partiti dall’idea che le piante possono percepire l’ambiente circostante, distinguendo i vari tipi di segnali e comunicare tra loro grazie allo scambio di sostanze chimiche nel terreno, tra le radici, o nell’atmosfera tramite composti volatili, i cosiddetti VOC. Il progetto ROOTS, che significa radici, ha riguardato lo studio della comunicazione vegetale in presenza di una fonte di stress ambientale. L’interesse per le radici si basa sul fatto che queste, sebbene rappresentino la parte nascosta delle piante, giocano un importante ruolo non soltanto nell’assimilazione di acque e sostanze nutritive, ma sono in grado di influenzare la crescita generale delle piante e la loro ripresa. Basti pensare a quanto siccità e salinità possono influenzare la crescita delle piante. Quindi, inserendoci in questo contesto, ci siamo focalizzati sullo stress salino, un tipo di stress abiotico causato dalla presenza eccessiva di sali nel terreno. Lo scopo del progetto era quello di comprendere se le piante così ‘stressate’ fossero in grado di allertare le proprie vicine in modo che queste ultime si preparassero a sostenere a loro volta tale stress”.
In che modo ha decifrato il linguaggio delle piante?
“Nei nostri studi, la pianta allertata dai VOC delle piante sottoposte a stress salino, come l’isoprene ad esempio, altera i propri parametri fisiologici, ad esempio il rapporto tra potassio e sodio nei tessuti, il tasso di crescita relativo, come se anch’essa stesse affrontando quella medesima tipologia di stress. In particolare la risposta allo stress salino nelle radici è stata studiata monitorando i flussi ionici e la produzione di ROS, ovvero le specie reattive dell’ossigeno, per comprendere la natura dei segnali trasmessi dalle radici ai germogli della pianta stessa”.
Quali risultati ha ottenuto?
“I nostri esperimenti suggeriscono che le piante possono ‘ascoltare’ messaggi di allerta da parte di piante sottoposte a stress salino, chiudendo ad esempio gli stomi per ridurre la perdita di acqua. I risultati sono in via di pubblicazione su riviste internazionali e sono molto interessanti. Abbiamo visto che effettivamente le piante allertate per l’arrivo imminente dello stress, modificando alcuni parametri fisiologici, si preparavano nel modo migliore per reagire a tale stress in maniera più efficace. Abbiamo infatti osservato come le piante allertate possedevano un tasso di sopravvivenza e di crescita maggiore rispetto a quelle di controllo”.
Come fanno le piante a percepire il mondo esterno, ad allertare o semplicemente a comunicare con altre piante?
“I primi studi sulla comunicazione vegetale risalgono ai primi anni ’80, ma il vero boom della ricerca in questo senso è degli anni 2000. Oggi sappiamo che le piante possono percepire l’ambiente esterno mediante fotorecettori sensibili alla luce per ‘vedere’ se sono ombreggiate da un’altra pianta, oppure, nel terreno, possono sentire le vibrazioni per cercare ad esempio l’acqua e hanno nelle radici numerosi sensori per determinare la presenza di sostanze nutritive. Per la comunicazione, esistono forme di linguaggio più o meno complesse. Pensiamo ad esempio al profumo dei fiori: esso non è altro che un segnale che le piante lanciano ai propri impollinatori. E c’è di più: le piante attaccate da insetti erbivori possono ‘inviare’ segnali di allerta alle proprie vicine e contemporaneamente richiamare insetti predatori che, cibandosi degli erbivori, proteggono la pianta stessa. La percezione di segnali, la comunicazione o la capacità di decidere sono normalmente associate agli organismi con un sistema nervoso. In realtà queste sono caratteristiche essenziali della vita, comuni anche agli organismi primitivi e alle piante. Proprio perché le piante sono organismi dotati di senso, assimilabili agli animali, nel 2005 Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale, utilizzò in modo provocatorio il termine neurobiologia vegetale per indicare la disciplina scientifica deputata proprio allo studio degli aspetti percettivi e comunicativi nelle piante”.
Articolo prodotto in collaborazione con il Master SGP della Sapienza Università di Roma