HomeSocietàLa storia dell'antico Egitto raccontata dal DNA delle mummie

La storia dell’antico Egitto raccontata dal DNA delle mummie

Pensavamo ci avessero lasciato in eredità caratteri facciali, segni di malattia, il loro guardaroba e addirittura alcuni tatuaggi, ma non il loro materiale genetico. Ma ci sbagliavamo. Ora, infatti, un team di ricercatori del Max Planck Institute di Jena, dell’università di New York e di quella di Tubinga è riuscito a prelevare, sequenziare e analizzare il dna di ben 93 mummie egiziane. I risultati, apparsi su Nature Communications, descrivono così la storia dell’antico Egitto, dimostrando come secoli di commercio e conquiste abbiano cambiato sorprendentemente i geni degli abitanti del Nilo: mentre gli antichi egizi erano strettamente legati alle popolazioni antiche del Medio Oriente e alle popolazioni neolitiche della penisola anatolica e dell’Europa, nei moderni egiziani si trovano invece interazioni con le popolazioni africane sub-sahariane, assenti completamente ai tempi dei faraoni.

Finora, estrarre il dna dalle mummie era considerato dalla comunità scientifica particolarmente difficile, soprattutto per il clima caldo, i livelli elevati di umidità e alcune sostanze chimiche utilizzate per la mummificazione, fattori che contribuiscono a degradare il dna.

E sebbene questa non sia la prima analisi condotta sul dna antico delle mummie egizie, questa ricerca si è servita di tecniche di sequenziamento di nuova generazione e dell’uso di metodi di autenticità per garantire l’origine antica dei dati ottenuti, rendendoli veramente affidabili.

“Il nostro scopo era capire se le conquiste di Alessandro Magno e di altre potenze straniere avessero avuto un impatto genetico sulla popolazione egiziana”, spiega Johannes Krause, del Max Planck Institute. Il team di ricerca è così partito da 151 campioni di mummie vissute tra il 1.400 e il 400 a.C., sepolte a Abusir el-Meleq, un sito archeologico a circa 100 chilometri a sud del Cairo e che oggi sono conservate nei due musei di Tübingen e di Berlino, riuscendo a sequenziare il genoma mitocondriale di 90 individui e quello nucleare degli altri 3.

Pensavamo ci avessero lasciato in eredità caratteri facciali, segni di malattia, il loro guardaroba e addirittura alcuni tatuaggi, ma non il loro materiale genetico. Ma ci sbagliavamo. Ora, infatti, un team di ricercatori del Max Planck Institute di Jena, dell’università di New York e di quella di Tubinga è riuscito a prelevare, sequenziare e analizzare il dna di ben 93 mummie egiziane. I risultati, apparsi su Nature Communications, descrivono così la storia dell’antico Egitto, dimostrando come secoli di commercio e conquiste abbiano cambiato sorprendentemente i geni degli abitanti del Nilo: mentre gli antichi egizi erano strettamente legati alle popolazioni antiche del Medio Oriente e alle popolazioni neolitiche della penisola anatolica e dell’Europa, nei moderni egiziani si trovano invece interazioni con le popolazioni africane sub-sahariane, assenti completamente ai tempi dei faraoni.

Finora, estrarre il dna dalle mummie era considerato dalla comunità scientifica particolarmente difficile, soprattutto per il clima caldo, i livelli elevati di umidità e alcune sostanze chimiche utilizzate per la mummificazione, fattori che contribuiscono a degradare il dna.

E sebbene questa non sia la prima analisi condotta sul dna antico delle mummie egizie, questa ricerca si è servita di tecniche di sequenziamento di nuova generazione e dell’uso di metodi di autenticità per garantire l’origine antica dei dati ottenuti, rendendoli veramente affidabili.

“Il nostro scopo era capire se le conquiste di Alessandro Magno e di altre potenze straniere avessero avuto un impatto genetico sulla popolazione egiziana”, spiega Johannes Krause, del Max Planck Institute. Il team di ricerca è così partito da 151 campioni di mummie vissute tra il 1.400 e il 400 a.C., sepolte a Abusir el-Meleq, un sito archeologico a circa 100 chilometri a sud del Cairo e che oggi sono conservate nei due musei di Tübingen e di Berlino, riuscendo a sequenziare il genoma mitocondriale di 90 individui e quello nucleare degli altri 3.

Via: Wired.it

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