Questo oggetto l’ho già visto da qualche parte? È una domanda cui il nostro cervello è chiamato a rispondere continuamente, valutando e riconoscendo in ogni istante oggetti e situazioni della vita quotidiana che ci sono già noti. Oggi, un gruppo di scienziati della University of Tokio School of Medicine ha affrontato la questione dal punto di vista neuroscientifico, studiando in che modo il cervello di un gruppo di scimmie si attivava di fronte a suppellettili familiari e sconosciute. I risultati confermano che a decidere se un oggetto è già stato incontrato o meno è una specifica regione cerebrale, chiamata corteccia peririnale, e svelano il meccanismo con cui avviene questo riconoscimento. Lo studio è stato pubblicato su Science.
Per districare la matassa di questo complicato meccanismo neuronale, gli scienziati hanno effettuato test specifici, stimolando quest’area cerebrale essenziale per il mantenimento dei ricordi. I ricercatori si sono chiesti in che modo le cellule nervose – i neuroni – di quest’area trasmettano le informazioni: a far agire i neuroni sono le caratteristiche fisiche, ovvero forma, colore, dimensioni dell’oggetto, oppure attributi non fisici ma acquisiti (come il possibile utilizzo o le passate esperienze), che nel contesto delle abitudini dell’animale gli consentono di classificarlo come già noto?
Per dare una risposta, gli autori dello studio hanno dapprima mostrato alle scimmie circa 20-30 piccole suppellettili, che in questo modo venivano registrate dalla loro mente. In seguito, hanno mostrato agli animali queste stesse cose insieme a nuovi oggetti, mai visti prima. Poi, gli autori hanno studiato l’attivazione dei neuroni mediante stimolazione elettrica e stimolazione optogenetica, un particolare metodo di manipolazione dei neuroni, basato sulla luce.
I ricercatori hanno confermato che proprio la corteccia peririnale è l’interruttore del riconoscimento visivo dell’oggetto. Ma il team si è spinto oltre, provando a comprendere parte del complesso ingranaggio con cui avviene questo riconoscimento. In primo luogo, bisogna specificare che nella corteccia peririnale i neuroni non sono distribuiti in maniera uniforme, ma sono raggruppati principalmente nella parte anteriore. Andando a stimolare questa parte, le scimmie percepivano tutti gli oggetti, sia quelli familiari che quelli nuovi, come già noti. Al contrario, stimolando un’altra parte, quella posteriore, si ottenevano risultati diversi, ovvero alcuni oggetti già visti dalle scimmie venivano invece percepiti come sconosciuti.
Quale potrebbe essere la spiegazione? Secondo i ricercatori, alla base di queste differenti risposte, corrispondenti alla stimolazione di parti cerebrali diverse, potrebbe esservi uno specifico meccanismo di riconoscimento degli oggetti: tale riconoscimento si baserebbe non sulla valutazione delle caratteristiche fisiche, ma sulla capacità della memoria di decodificare elementi non fisici, cosiddetti appresi, associati all’oggetto materiale, il tutto mediante l’azione dei neuroni presenti nella corteccia peririnale. Insomma, questo complesso meccanismo potrebbe spiegare la nostra naturale abilità di distinguere continuamente cose che abbiamo già visto e che conosciamo da quelle che incontriamo per la prima volta.
Riferimenti: Science