Riciclare tutto. Qualsiasi materiale. Fino all’ultima molecola, anche proveniente dalla respirazione o dalla digestione umane. Questi saranno i tre comandamenti che gli astronauti dovranno osservare durante i viaggi verso Marte e oltre. Il concetto è stato ribadito a Washington durante il 245esimo meeting dell’American chemical society (Acs). L’obiettivo potrebbe essere raggiunto grazie alla collaborazione di microorganismi che verrebbero messi al lavoro a bordo delle astronavi e all’interno degli insediamenti umani fuori dalla Terra.
Al momento della pianificazione delle missioni un fattore cruciale da tenere in considerazione è quello della massa dei materiali che dovranno essere lanciati nello Spazio. All’aumento della massa, infatti, corrisponde anche un aumento del carburante necessario per ottenere una spinta sufficiente a sfuggire alla gravità della Terra. È quindi facile immaginare quale vantaggio potrebbe derivare dal riciclo integrale di tutti i materiali imbarcati, compresi quelli che compongono il corpo umano.
Ne è fermamente convinto Mark A. Blenner, professore associato di ingegneria delle proteine presso la Clemson University e componente del team di ricercatori presenti a Washington per il meeting. “Se gli astronauti dovranno rimanere per anni lontani dalla Terra”, ha spiegato Blenner, “sarà indispensabile imparare a riutilizzare tutto, fino a livello molecolare”. Il team di cui Blenner fa parte sta quindi cercando di trovare il modo di recuperare tutti gli scarti, per reindirizzarne le molecole a un nuovo scopo, come la produzione di poliestere e di sostanze nutrienti.
Tra questi ultimi, le ricerche si stanno concentrando sulle tecniche di produzione di omega-3, una sostanza che fa parte della famiglia degli acidi grassi e che ricopre un ruolo molto importante nel funzionamento del sistema cardiovascolare e di quello nervoso. “La nostra ricerca, ha aggiunto Blenner, ha come scopo ultimo quello di fornire agli astronauti una sorta di bioreattore da accendere e spegnere a piacere”. Il sistema ipotizzato potrebbe contenere diversi ceppi di Yarrowia lipolytica, un lievito che rilascia omega-3 e poliestere come prodotti di scarto. Per vivere questi microorganismi hanno bisogno sia di carbonio che di azoto. Il primo proverrebbe dalla respirazione umana che, come è noto rilascia biossido di carbonio, mentre il secondo sarebbe ricavato dall’urina che contiene azoto sotto forma di urea.
Nei loro test in laboratorio gli scienziati americani hanno potuto osservare la produzione di piccole quantità di omega-3 e poliestere da parte di colonie di Yarrowia lipolytica che sono state fatte interagire con urea prelevata da urina umana non trattata e CO2. La quantità prodotta al momento non sarebbe sufficiente allo scopo ma gli scienziati pensano di essere sulla strada giusta. L’esperimento è comunque importante anche sul fronte della produzione di poliestere. Questo potrebbe essere infatti utilizzato da una stampante 3D per fabbricare utensili o pezzi di ricambio.