Nell’ultimo decennio, nuove scoperte hanno acceso un animato dibattito sull’origine del più celebre gruppo di rettili del passato: come e quando i dinosauri passarono da un gruppo di piccoli rettili, uno tra i tanti, alla genia più abbondante negli ecosistemi terrestri di tutto il globo? Un nuovo studio coordinato dal MUSE e pubblicato oggi su Nature Communications muove dall’analisi dei resti fossili rinvenuti nelle Dolomiti – patrimonio dell’Umanità UNESCO – li confronta con quelli dei giacimenti dell’Argentina e del Brasile e dimostra che la prima diversificazione dei dinosauri avvenne in seguito a una profonda crisi ecosistemica, causata da una fase di rapido riscaldamento globale.
Uno sconvolgimento profondo e ancora scarsamente compreso chiamato Episodio Pluviale del Carnico, avvenuto circa 232 milioni anni fa, nel periodo Triassico. “Una fase ad alto tasso di estinzione e al contempo di rapida diversificazione – spiega Massimo Bernardi del MUSE, primo autore dello studio – che si va delineando come una nuova estinzione di massa. Nello studio dimostriamo che i dinosauri, rari e distribuiti in modo puntiforme fino alla crisi, subito dopo diventano abbondati e diffusi in gran parte del mondo, dal Sudamerica, all’Europa e all’Australia”.
Nella nuova ipotesi formulata dagli autori, i fossili rinvenuti nelle Dolomiti – fra Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli – giocano un ruolo determinate grazie alla precisione della loro datazione che ha consentito di ottenere una cronologia della diffusione dei dinosauri poco dopo la loro origine. Le prime orme di dinosauri ritrovate alla fine degli anni ’80 nelle Dolomiti rappresentarono una rivoluzione per la comprensione degli ambienti del passato dai quali si originò la penisola italiana. Da quegli studi si sviluppò un filone di ricerca che permise di individuare nelle Dolomiti e in tutto il Sudalpino un record di impronte di rettili che furono datate con una precisione di gran lunga maggiore rispetto ai resti fossili rinvenuti in altre parti del mondo.
“In nessun alto luogo al mondo la crisi del Carnico è così ben documentata come nell’area dolomitica”, aggiunge Piero Gianolla dell’Università di Ferrara. “Lo studio ci ha permesso di ricostruire con grande dettaglio le risposte dei diversi ambienti e degli ecosistemi alla crisi climatica. Inoltre, le accurate datazioni ci hanno consentito mostrare come la fase di diversificazione dei dinosauri sia sincrona in tutto il globo così come l’instaurarsi di ambienti umidi in aree che prima erano aride. Il cambiamento climatico avvenuto 232 milioni di anni fa, causato dall’immissione in atmosfera di ingenti quantità di CO2 ed altri gas serra, è letteralmente inciso nelle rocce delle Dolomiti dove rappresenta un evidente segno nel paesaggio.”
La scoperta dell’esistenza di un legame tra la prima diversificazione dei dinosauri e l’evento del Carnico è inattesa e rivoluzionaria. Tale drammatico evento, non solo aprì la strada per l’era dei dinosauri, ma anche per la diversificazione di molti altri gruppi, tra cui lucertole, coccodrilli, tartarughe e mammiferi – animali terrestri chiave negli ecosistemi odierni.
Dallo studio emerge così un nuovo quadro per l’evoluzione dei più celebri rettili del passato. “I dinosauri si originano subito dopo la più profonda estinzione di massa della storia, 252 milioni di anni fa, si diversificano dopo l’Episodio Pluviale del Carnico, ma diventano dominanti nelle faune terrestri solo successivamente, circa 200 milioni di anni fa, quando si estinguono i loro principali competitori ecologici, i crurotarsi. Infine, 66 milioni di anni fa, anche i dinosauri cedono il passo ad altre faune, in seguito agli sconvolgimenti causati dall’impatto di un meteorite. I dinosauri diventano così l’emblema di come non sia solo la competizione tra organismi a determinare fortune e disfatte, ma anche e soprattutto l’interazione con l’ambiente e i suoi mutamenti, talvolta repentini” conclude Massimo Bernardi.
Riferimenti: Dinosaur diversification linked with the Carnian Pluvial Episode; Massimo Bernardi, Piero Gianolla, Fabio M. Petti, Paolo Mietto e Michael J. Benton; Nature Communications