Il ritmo circadiano è l’orologio interno che scandisce diversi processi biologici nel nostro organismo, dall’alternanza sonno-veglia alla variazione della temperatura corporea. Ma sorprendentemente ha anche una possibile influenza sulla rimarginazione delle ferite, per cui se ci si ferisce di notte il tempo necessario per la guarigione sembra essere più lungo. Oggi un nuovo studio mostra che il ritmo circadiano potrebbe essere importante anche nel processo di riparazione del DNA danneggiato da trattamenti quali la chemioterapia. E questo potrebbe avere potenziali implicazioni su come e quando impostare le terapie. La ricerca, condotta dalla University of North Carolina, è stata pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).
Gli autori hanno sviluppato un metodo per misurare il recupero del DNA in seguito alla somministrazione del cisplatino, un chemioterapico utilizzato nella metà dei tumori solidi, ad esempio nel tumore del polmone. Questo farmaco è tossico per i reni, il fegato e il sistema nervoso, incluso il cervello, con effetti collaterali anche importanti che talvolta ne limitano la possibilità d’uso. I ricercatori del North Carolina hanno voluto approfondire in che modo e con che tempi i danni al DNA delle cellule dovuti al farmaco vengono riparati.
Per farlo, gli scienziati hanno osservato su topi (sottoposti a trattamento con cisplatino) tutte le fasi di riparazione del DNA che avvengono nell’arco di 24 ore, il periodo che serve a completare un ciclo circadiano, osservando anche se esistessero dei meccanismi regolati in tempi diversi a seconda della funzione del DNA.
I risultati hanno evidenziato circa 2000 geni riparati seguendo i ritmi dell’orologio biologico. in momenti diversi nelle 24 ore. In particolare, i processi di riparazione delle porzioni di DNA trascritte ( la trascrizione è la formazione di una molecola di RNA a partire dal DNA: il primo passo della lettura di un’informazione custodita nel genoma per la produzione di una proteina) raggiungevano il massimo prima dell’alba, oppure subito dopo il tramonto, durante il crepuscolo. Al contrario la riparazione delle porzioni non-trascritte mostrava un picco nel crepuscolo.
“Il nostro lavoro suggerisce che la scelta ottimale potrebbe essere quella di dare il cisplatino ai pazienti quando la riparazione delle cellule di DNA raggiunge il massimo”, ha spiegato il primo autore dello studio, Aziz Sancar, premio Nobel per la chimica nel 2015 insieme a Thomas Lindahl e a Paul Modrich. “Attualmente stiamo ancora imparando i meccanismi alla base della riparazione del DNA che sono collegati al ritmo circadiano”. Per il ricercatore, anche la comprensione del modo con cui funzionano gli orologi circadiani potrebbe rappresentare una chiave per rallentare la progressione del cancro. La ricerca si sta muovendo per ridurre gli effetti tossici dei farmaci, dall’altro lato, anche riconsiderare la somministrazione di un trattamento a seconda dell’orologio biologico potrebbe essere una strada da esplorare. “Riteniamo che sia possibile controllare l’efficacia della chemioterapia – aggiunge Sancar – riducendo gli effetti collaterali tossici”.
Ma non è la prima volta che una terapia viene adattata al ritmo circadiano (cronoterapia), un metodo che è risultato importante nel trattamento di diverse altre patologie non tumorali quali l’asma, l’epilessia e l’acidità di stomaco. Mentre nel caso di tumori però in passato la cronochemioterapia – la somministrazione della terapia nell’orario in cui si ha la maggiore efficacia con meno danni – non ha mostrato i risultati sperati. Tuttavia, i farmaci erano stati somministrati empiricamente, spiega Sancar, cioè sulla base di tentativi di prova che non tenevano conto dei tempi in cui avviene la riparazione del DNA, un aspetto che invece appare essenziale nel caso di un tumore, come suggerisce oggi studio questo studio su PNAS.
Riferimenti: PNAS