Circa tre milioni di persone al mondo, nel 2016, sono morte per consumo di alcol. Fra gli individui di sesso maschile di 15-49 anni, su 10 morti premature una è riconducibile al bere. E l’alcol è anche una delle principali cause – al settimo posto – di disabilità, dato che è associato a malattie trasmissibili e non trasmissibili, come tumori e problemi cardiovascolari. A svelare questi dati è uno studio pubblicato su The Lancet, che conclude che non esiste una soglia sicura, ovvero una dose alla quale il rischio di un danno per la salute dovuto all’alcol sia nullo.
Lo studio è parte di una vasta collaborazione, il Global Burden of Disease, che ha considerato i dati di 195 paesi dal 1990 al 2016. Gli autori hanno voluto approfondire il tema dato che, se da un lato era noto che l’alcol facesse male e fosse causa di morte e disabilità, dall’altro lato in specifiche condizioni di salute un consumo moderato era stato associato a possibili effetti protettivi per la salute.
La stima attuale è statistica e si basa sull’analisi di quasi 700 set di dati e 592 studi prospettici e retrospettivi sul rischio dell’uso di alcol.
Attraverso l’analisi sulla prevalenza del consumo e sull’associazione con rischi per la salute, inclusa la mortalità, in diverse fasce d’età, questo studio conferma che l’alcol fa male, anche se le dosi sono piccole. I risultati, infatti, parlano chiaro: non esiste una quantità sicura, se si vuole minimizzare la probabilità di incorrere in problemi di salute e gli autori hanno stimato che il rischio scende a 0 soltanto quando non si beve del tutto.
Nella popolazione di età fra i 15 e i 49 anni, la mortalità è dovuta soprattutto ad incidenti (fra cui soprattutto quelli stradali) e a tubercolosi. Ma non bisogna dimenticare che l’alcol è responsabile anche di numerose comuni malattie, soprattutto nella popolazione sopra i 50 anni: in particolare tumori, per cui il rischio di morte per cancro aumenta al crescere del consumo di alcolici. Ma anche malattie respiratorie e cardiovascolari, diabete, cirrosi, pancreatite, epilessia ed altro possono essere collegate a questa abitudine. È urgente agire, attraverso strategie e programmi politici, per ridurre o eliminare l’utilizzo dell’alcol, spiega Emmanuela Gakidou dell’Università di Washington, coautrice dello studio:“Il mito per cui uno o due drink al giorno ci farebbero bene è letteralmente un mito, lo studio ha distrutto questa favola”.
Complessivamente, più di 2 miliardi di persone in tutto il mondo sono attuali consumatori di alcol. Statisticamente quasi i due terzi dei bevitori (il 63%) sono di sesso maschile. In generale la definizione di drink standard varia a seconda del paese: nel Regno Unito si tratta di una bevanda contenente 8 grammi di alcol, in Australia 10 grammi (l’equivalente di una birra in bottiglia), negli Stati Uniti 15 e in Giappone 20. Ma questa classificazione non indica che il Giappone o negli Stati Uniti si beva di più che negli altri paesi.
Il tasso di mortalità fra i 15 e i 49 anni associato al consumo di alcol è risultato maggiore in alcune nazioni dell’Europa orientale, del Mar Baltico e Asia Centrale, fra cui Russia, Ucraina, Lituania, Bielorussia, Mongolia, Lettonia e Kazakhstan. Mentre fra gli stati meno colpiti vi sono Kuwait, Iran, Palestina, Libia e Arabia Saudita.