Il sincrotrone Elettra di Trieste è una delle “lampadine” più potenti mai costruite. Tanto potente che la sua luce ogni tanto provoca qualche abbaglio. Nelle scorse settimane Elettra è stato al centro di alcuni articoli piuttosto allarmistici. “Sincrotrone fa rima con bidone”, “ha bisogno di un restauro che potrebbe tenerla ferma per un anno” e via di questo passo. E’ un buon esempio di come l’accostamento di due fatti veri possa portare, a volte, a una falsa notizia.
E’ senz’altro vero che in questi giorni Carlo Rubbia ha annunciato le proprie dimmissioni da presidente della Sincrotrone Trieste, la società che gestisce Elettra. Il fisico vuole ormai potersi dedicare a tempo pieno al suo progetto di amplificatore di energia. E’ altrettanto vero che esiste una vertenza giudiziaria tra la Sicrotrone Trieste e la ditta francese che ha costruito il Linac, l’accelleratore lineare che fornisce la prima spinta al fascio di particelle che viaggiano dentro Elettra. Il Linac non raggiunge infatti le prestazioni previste e gli italiani chiedono un rimborso di circa 50 miliardi di lire. Sono state queste due notizie a generare l’equivoco che Elettra, nel suo complesso, faccia acqua da tutte le parti. Come stanno realmente le cose?
Le dimmissioni di Rubbia, sebbene non ancora formalizzate, erano già nell’aria. Il sincrotrone è ormai entrato nella sua fase matura. Proprio quest’anno sono stati appianati gli ultimi debiti di bilancio, circa 70 miliardi di lire. Missione compiuta, insomma, ed è comprensibile che uno scienziato come Rubbia voglia cimentarsi in nuove sfide.
I problemi del Linac, invece, non compromettono le prestazioni di Elettra. “E’ come affermare che il motore di una Ferrari non funziona, solo perché il suo motorino di avviamento non ingrana bene”, afferma Renzo Rosei, ex direttore scientifico del sicrotrone. “Il Linac è il “motorino di avviamento” di Elettra”, prosegue Rosei, “è l’accelleratore lineare che inietta il fascio di elettroni nell’anello. Secondo i progetti gli elettroni avrebbero dovuto uscire dal Linac con una potenza di 1,5 GeV. In realtà si riesce ad arrivare solo a 1 GeV. Ma per gli esperimenti, una volta iniettato nell’anello, il fascio deve comunque raggiungere i 2 GeV. L’unica differenza è che Elettra li deve accellerare partendo da 1 GeV anziché da 1,5 GeV. Resta il fatto che il Linac non risponde alle specifiche stabilite con i costruttori e per questo chiediamo il rimborso”.
Il sincrotrone di Trieste è stato costruito per effettuare esperimenti di ricerca fondamentale, ma soprattutto come strumento a disposizione delle industrie che possono affittare una delle postazioni di Elettra per testare i propri campioni. I mille miliardi di elettroni carichi che girano vorticosamente all’interno dell’anello di Elettra emettono continuamente energia. Parte di questa energia costituisce la cosiddetta luce di sincrotrone, sfruttata per gli esperimenti. La luce di sincrotrone ha caratteristiche irraggiungibili per qualsiasi altra fonte luminosa. Si propaga nel piano in cui orbita il fascio di elettroni uscendo in una direzione tangenziale alla circonferenza del fascio stesso. E’ altamente collimata e il suo spettro varia in modo continuo dai raggi X fino all’infrarosso. Elettra è un sicrotrone di terza generazione, ottimizzato per lo studio delle superfici con i raggi X molli, poco penetranti. L’unico altro sincrotrone con prestazioni analoghe si trova a Berkeley in California. A Grenoble, in Francia, c’è un sincrotrone che produce raggi X duri, più penetranti e quindi più adatti per lo studio dell’interno dei campioni.