Ricercatori senza frontiere

Uno spazio europeo della ricerca è possibile. Anzi necessario. Con regole comuni e procedure universalmente condivise e basato su alcune parole chiave: più investimenti, aumento delle risorse umane, maggiori prospettive di carriera e più mobilità. Nasce con questa grande ambizione la “Carta europea dei ricercatori” che la Commissione Europea emanerà a marzo, sotto forma di raccomandazione agli Stati membri ad adeguare di conseguenza la propria normativa, insieme a un “Codice di condotta per l’assunzione dei ricercatori” che prevede procedure di reclutamento per la carriera di ricercatore comparabili a livello europeo, selezione basata sul merito e affidata a comitati internazionali e riconoscimento della mobilità come esperienza di merito. A darne l’annuncio è stato Georges Bingen della direzione generale ricerca della Commissione Europea nel corso del convegno “Verso la Carta europea del ricercatore: l’ora dei fatti per i ricercatori degli enti di ricerca italiani” promosso dall’Associazione Nazionale Professionale per la Ricerca (Anpri) presso la sede del Cnr a Roma lo scorso 21 febbraio. L’obiettivo è creare un mercato comune dell’occupazione eliminando quelle disomogeneità tra i paesi che impediscono la circolazione dei ricercatori e lo sviluppo delle risorse umane. Già dal 2003 la Commissione Europea aveva riconosciuto la necessità di migliorare i vari aspetti legati al settore Ricerca & Sviluppo in Europa (formazione, mobilità, metodi di assunzione, sviluppo e valutazione delle carriere, situazione contrattuale e retributiva). In ballo, infatti, c’è la grossa perdita di attrattiva dei giovani per la ricerca. E soprattutto la sfida lanciata nel marzo del 2000 a Lisbona: portare gli investimenti al 3 per cento del Pil europeo entro il 2010 per annullare il divario con i paesi leader a livello mondiale. L’Europa, infatti, investe nel settore appena l’1,94 per cento del Pil contro il 2,80 per cento degli Stati Uniti. Ma il divario, oltre che finanziario, è di risorse umane. Nel 2000 l’Europa aveva un numero di ricercatori, in proporzione alla forza lavoro, pari alla metà di quelli del Giappone e a due terzi di quelli statunitensi.“La carta e il codice sono strumenti per dare regole comuni al settore della ricerca europea”, spiega Georges Bingen, “Non si tratta di direttive, quindi non sono vincolanti, ma ci aspettiamo che i paesi membri collaborino. La Commissione inoltre attuerà un monitoraggio costante e gli Stati dovranno mettere a punto un rapporto annuale a partire da novembre 2005”. Tra i principi base citati dalla Carta per i ricercatori troviamo la libertà di ricerca, la responsabilità professionale, la continua formazione, mentre per i finanziatori e i dirigenti degli enti pubblici il riconoscimento della professione a tutti livelli della carriera, del valore della mobilità e il divieto di discriminazione in base a sesso, religione o nazionalità. In un altro punto si sottolinea la necessità di garantire le pari opportunità uomo-donna e di pianificare precise strategie di carriera oggettive e trasparenti.Rispetto agli obiettivi la ricerca pubblica italiana non è certo a buon punto. I ricercatori degli enti pubblici sono pochi, mal pagati e piuttosto in là con gli anni. Problema aggravato dal blocco delle assunzioni previsto dalla Finanziaria per sei anni consecutivi. La situazione del ricercatore pubblico è svantaggiata rispetto a quella degli analoghi profili universitari quanto allo status, definito in modo inappropriato dalla contrattazione sindacale, e il trattamento economico è lontano dagli standard europei con prospettive di carriera incerte. “Chiediamo che la professione del ricercatore, le modalità di reclutamento e la progressione in carriera siano definite in modo stabile da una legge e non dai tavoli sindacali come succede ora”, spiega Liana Verzicco, vicesegretario generale Anpri-Cida, “Alla contrattazione devono restare le materie della disciplina del rapporto di lavoro, le relazioni sindacali, i benefici assistenziali e il trattamento economico. Il Governo deve riprendere il percorso per collocare i ricercatori in area dirigenziale visto che la Finanziaria 2005 li vede ancora declassati alle qualifiche più basse”. Per indirizzare nel verso giusto le decisioni politiche, l’Anpri ha presentato nel corso del convegno una proposta che prevede un nuovo modello di carriera per i ricercatori improntato sul valore della mobilità e della trasparenza.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here