Si chiama “Plants for the future” la nuova piattaforma tecnologica italiana che è stata presentata oggi a Roma presso l’Accademia Nazionale dei Lincei. Si tratta di una struttura di ricerca nazionale che avrà il compito di mettere in contatto tutte le realtà (pubbliche e private) che hanno a che fare con il settore agroalimentare e agroindustriale.
L’obiettivo primario è quello di fare lobby. Per essere più forti sia nei confronti del Governo nazionale e così poter richiedere maggiori fondi e strumenti per la ricerca scientifica, sia nei confronti della Commissione Europea convogliando sulla Piattaforma importanti finanziamenti come quelli previsti dal VII Programma Quadro.
Cinque saranno le sfide che si prepara ad affrontare la Piattaforma. Primo: una produzione sufficiente di alimenti salubri, compresi i mangimi per la filiera zootecnica. Secondo: studio delle piante come possibili biocarburanti e biomateriali. Terzo: miglioramento, in termini di sostenibilità, dell’agricoltura, della silvicoltura e del paesaggio agrario. Quarto: rilancio della ricerca di base di settore, riferita in particolare alla genomica e alla post-genomica, fino al lancio di spin-off. Infine: competitività della filiera agroalimentare, nel rispetto delle scelte del consumatore e del quadro legislativo.
Cuore di tutta la Piattaforma sarà quindi la genomica. Secondo Roberto Tuberosa, docente di Biotecnologie delle piante coltivate all’Università di Bologna e coordinatore del Comitato Scientifico della Piattaforma, “la genomica vegetale, nata dall’integrazione di genetica, biologia molecolare e bioinformatica, offre interessanti opportunità per ottenere piante più resistenti alle avversità naturali. Grazie a essa non solo si potrà aumentare la quantità dei prodotti richiesti dalle filiere agroalimentare e agroindustriale, ma anche offrire al consumatore prodotti più salubri, di elevata qualità nutrizionale e meno costosi. Compresi i biocombustibili da piante non-food per un’energia più pulita”.
“Si tratta”, ha sottolineato Silvio Ferrari, presidente del Comitato promotore, “di fattori importanti per assicurare al made in Italy la capacità di competere con gli altri paesi europei ed extraeuropei, nei confronti dei quali scontiamo un gap d’innovazione assai rilevante. Tutto ciò nel rispetto della tipicità del sistema produttivo nazionale”. (f.f.)