Cancellare il debito con l’Occidente

    Ogni bambino zairese nasce già con un debito di 360 dollari con i paesi più ricchi. E questo vale per ogni altro bambino che viene al mondo nei paesi più poveri del pianeta. Ogni settimana i paesi africani, solo di interessi sui prestiti, pagano all’Occidente 200 milioni di dollari. E l’ammontare del debito estero dei paesi in via di sviluppo supera ormai la cifra da capogiro di duemila miliardi di dollari. Che aumentano di mese in mese. Questi sono gli ultimi, allarmanti dati emersi durante la conferenza internazionale “100 giorni dal nuovo millennio”, svoltasi a Roma questa settimana, e organizzata da “Jubilee 2000”, un gruppo il cui scopo è di celebrare il nuovo millennio cancellando il debito impagabile dei paesi poveri entro la fine del 2000. Una iniziativa sostenuta anche da Papa Giovanni Paolo II, dal Dalai Lama e da fedeli di ogni credo, dai musulmani agli ebrei. Ma non solo. A mobilitarsi a favore della campagna ci sono anche star internazionali della musica, come il leader degli U2 Bono e il cantante Bob Geldof, che proprio nei giorni scorsi sono stati ricevuti dal Pontefice, come rappresentanti di “Jubilee 2000” (http://www.jubilee2000uk.org).

    Secondo Ann Pettifor, portavoce inglese dell’organizzazione che ha aperto la conferenza, “ogni giorno ventimila bambini muoiono per mancanza di acqua pulita, di cibo e di cure mediche”. E la causa principale sono proprio i debiti contratti dai governi dei loro paesi durante gli anni Settanta. E’ stato allora, infatti, che i paesi in via di sviluppo che avevano ricevuto finanziamenti a bassi tassi d’interesse, hanno visto il loro debito aumentare in maniera vertiginosa dopo la crisi petrolifera. Diventando così sempre più “ostaggi” dei paesi ricchi e delle grandi banche, come la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale. E proprio queste ultime obbligano i paesi poveri a rendere prioritario il rimborso del debito.

    “Purtroppo, non esiste una legge internazionale che protegga questi governi indebitati dai creditori. Esistono solo regolamenti tra i diversi stati”, afferma Luca De Fraia, rappresentante di “Sdebitarsi” (http://www.unimondo.org), referente italiano di “Jubilee 2000”, a cui aderiscono decine di organizzazioni laiche e religiose, e vari organismi del volontariato e dalla cooperazione. “E’ una ‘guerra silenziosa’ che ogni anno uccide 7 milioni di bambini, per malattie che si possono facilmente prevenire”, continua De Fraia. Attualmente paesi come il Mozambico, il Mali e la Tanzania spendono per il servizio del debito dieci volte di più che per la sanità e l’educazione. “Si pensi che per diminuire la mortalità infantile del 25%, basterebbe un aumento della spesa sulla sanità di appena l’1%”, ci spiega ancora De Fraia.

    Ma esiste anche quello che gli esperti chiamano il “debito odioso”. “Durante la guerra fredda alcuni paesi occidentali hanno prestato denaro, per ragioni politiche, a governi poco democratici o corrotti. Dittatori come Mobutu, Marcos o Somoza, che hanno violato diritti civili, economici, sociali e culturali dei loro cittadini hanno ricevuto dall’Occidente un appoggio economico e politico”, incalza De Fraia, “oggi da queste nazioni, tra le più povere del mondo e di ispirazione democratica, si pretende la restituzione del debito, che non può e non deve essere pagato”.

    Dunque, le voci che definiscono i debiti del terzo mondo iniqui, impagabili e responsabili della morte di troppe persone si fanno sempre più numerose e in tutto il mondo la campagna sta riscuotendo un successo senza precedenti. Infatti, sono già 17 milioni le persone che hanno firmato per chiedere la cancellazione del debito estero dei paesi in via di sviluppo. E non sono mancate le dichiarazioni politiche a favore della campagna. Come quella del Cancelliere tedesco Schroeder, che ha proposto una riduzione radicale del debito. O quella del Presidente della Repubblica Ciampi, che al recente summit del Fondo monetario internazionale ha dichiarato: “L’Italia è pronta a dare un contributo deciso all’abbattimento del debito dei paesi poveri, sia migliorando i progetti già in discussione al Fondo monetario, sia con proprie iniziative autonome”.

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