Le colture transgeniche su larga scala potrebbero mettere in ginocchio l’agricoltura tradizionale e biologica in Europa. Facendo aumentare i costi di produzione che, in alcuni casi, sarebbero insostenibili per gli agricoltori. Così conclude uno studio della Commissione Europea sulla coesistenza tra colture geneticamente modificate e tradizionali. Il rapporto – commissionato nel maggio 2000 all’Istituto per gli studi sulle prospettive tecnologiche del Centro Comune di ricerca dell’Unione Europea e consegnato nel gennaio 2002 – è rimasto riservato vista “la delicatezza della materia”. Oggi l’associazione ambientalista Greenpeace, venuta in possesso del documento, ne ha diffuso i risultati. Secondo lo studio, l’introduzione di colture geneticamente modificate (gm) renderebbe i contadini ancora più dipendenti dalle grandi industrie sementiere e li costringerebbe a introdurre costose misure per evitare la contaminazione dei raccolti. Per studiare le conseguenze di un aumento della percentuale di coltivazioni transgeniche, i ricercatori hanno considerato colza, mais e patata gm, con differenti livelli di contaminazione (0,3 per cento per colza e 3 per cento per mais e patate). Con una simulazione al computer hanno dimostrato che la commercializzazione di questi prodotti aumenterebbe i costi di coltivazione per gli agricoltori convenzionali del 10 – 41 per cento nel caso della colza e dell’1 – 9 per cento per il mais e la patata. A questi costi poi andrebbero aggiunti quelli per modificare le pratiche agricole e rendere possibile la coesistenza di coltivazioni transgeniche e tradizionali. “Alla luce di questi risultati”, commenta Luca Colombo, coordinatore della campagna Ogm di Greenpeace Italia, “ci si deve semplicemente domandare perché accettare le coltivazioni di Ogm”. (p.c.)