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Alghe a tutto gas

di
Bartolo Scifo

Da una microscopica alga potrebbe arrivare una spinta per l’”economia dell’idrogeno”, la nuova speranza tecnologica lanciata di recente da una intensa campagna mediatica. E che promette di liberarci dalla schiavitù del petrolio e dai gas serra. Tutto sta a convincere la “Chlamydomonas reinhardtii” a produrre questo elemento, cosa che fa già di suo ma in quantità risibili. Si avrebbe così la possibilità di ottenere idrogeno in un modo non inquinante e del tutto svincolato dall’impiego delle tradizionali fonti energetiche. L’idea alla base dell’economia all’idrogeno è quella di sostituire un combustibile essenzialmente pulito ai normali carburanti derivati dal petrolio. L’unico prodotto della sua combustione di questo gas infatti è l’acqua, composto assolutamente non inquinante. Però l’idrogeno non è presente in natura come tale, e la sua produzione comporta processi altrettanto inquinanti di quelli che dovrebbe sostituire. Infatti, i due metodi principali ed efficienti per la produzione di idrogeno molecolare sono quello elettrolitico e quello del cosiddetto “reforming” catalitico. Nel primo caso l’idrogeno viene estratto dall’acqua, ma per fare ciò è necessario utilizzare l’energia elettrica che a sua volta deve essere prodotta, e ciò avviene essenzialmente con la combustione del petrolio: il classico cane che si mangia la coda. Nel secondo caso, di nuovo, il “reforming” non è che un processo in cui gli idrocarburi (derivati del petrolio) reagiscono con l’acqua in presenza di catalizzatori metallici a formare idrogeno ed anidride carbonica, appunto il gas “serra” per eccellenza: un altro cane che si mangia la coda. E’ solamente nel caso in cui la produzione dell’idrogeno non coinvolga i combustibili fossili che la nuova speranza economica acquista significato. L’energia elettrica per l’elettrolisi si può produrre con le tecnologie nucleari, ma allora non si fa altro che sostituire agli inquinanti da petrolio quelli da scorie radioattive, una scelta che il nostro paese ha deciso di non percorrere. Come uscire da questa empasse? L’ideale sarebbe utilizzare fonti energetiche rinnovabili (energia geotermica, eolica, solare) per la produzione dell’idrogeno. Una possibilità, è utilizzare la fotosintesi di un’alga verde unicellulare, per esempio la “Chlamydomonas reinhardtii”. La produzione dell’idrogeno per mezzo della luce solare non è altro infatti che una delle fasi del normale processo fotosintetico dei vegetali eucarioti. In natura la quantità di gas così prodotto è però insignificante. Ma modificando opportunamente i suoi programmi biochimici, il vegetale potrebbe essere reso più reattivo alla luce e dunque più produttivo. E’ questa l’idea intorno alla quale si è coagulato un gruppo di ricerca che fa capo all’Università di Padova, composto di fisici, chimici, biochimici e biologi da molti anni coinvolti in ricerche di avanguardia nel settore della fotosintesi. “Il nostro progetto”, ha spiegato a Galileo il coordinatore del gruppo Giovanni Giacometti, “è costituito da tre linee di ricerca strettamente legate fra loro: il miglioramento dei procedimenti già esistenti, l’ampliamento delle conoscenze molecolari di base per lo sviluppo di un procedimento radicalmente nuovo. Infine, e in totale coordinamento con le due linee anzidette, lo sviluppo pilota e di maggior scala delle tecnologie impiantistiche necessarie alla produzione di idrogeno attraverso processi biologici non inquinanti”.”Metodologie innovative per la produzione di idrogeno da processi biologici”, questo il nome del progetto padovano, ha come partner l’Enea (Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente) e numerosi istituti del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche). E se sarà finanziato, potrebbe offrire all’Italia un ruolo da protagonista nella corsa al carburante del futuro. I ricercatori confidano nelle possibilità offerte dal fondo integrativo speciale per la ricerca (Fisr) stanziato dal Ministero dell’ambiente e dal Ministero per l’università e la ricerca per lo studio di “nuovi sistemi di produzione e gestione dell’energia”. Uno dei progetti-obiettivo del Fisr è dedicato proprio al “vettore idrogeno”.

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