HomeSaluteCuore: obiettivo vaccino

Cuore: obiettivo vaccino

di
Letizia Gabaglio

E se il sistema cardiovascolare funzionasse come quello immunitario? O meglio, se fra i due ci fosse una relazione? È la domanda che da anni si fa Goran Hansson, del Karolinska Institute di Stoccolma in Svezia. Una questione che ora ha valicato la frontiera ed è diventata uno degli oggetti di un progetto di ricerca finanziato dall’Unione Europea. Il ricercatore svedese, infatti, fa parte dell’European Vascular Genomics Network, una cordata di 35 istituzioni di dieci paesi diversi, tra i quali l’Italia – per la quale partecipano l’Ifom (Istituto Firc di oncologia molecolare), il San Raffaele, entrambi di Milano, l’Università di Torino e l’Istituto nazionale di biostrutture e biosistemi di Roma – che lavorano nel campo della genomica vascolare. Il laboratorio di Hansson contribuisce al network con una doppia attività di ricerca: la terapia e la prevenzione dell’ateriosclerosi, l’indurimento delle arterie causato dall’accumulazione di depositi di grasso (placche) e altre sostanze che è la causa principale della formazione dei trombi, dell’occlusione delle arterie coronariche e degli attacchi di cuore. Sul fronte della prevenzione Hansson ha individuato nei pazienti colpiti da aterosclerosi alcune cellule del sistema immunitario in grado di riconoscere le proteine del colesterolo. “L’ossidazione di queste proteine nei vasi sanguigni”, ha spiegato lo scienziato svedese, “determina dei cambiamenti chimici nelle proteine stesse tanto da trasformarle agli occhi delle cellule del sistema immunitario in veri e propri microbi patogeni. Abbiamo scoperto che immunizzando i topi con l’iniezione di queste proteine ossidate, gli animali vengono protetti contro lo sviluppo dell’aterosclerosi. E questo apre la possibilità di creare un vaccino che prevenga attacchi di cuore e ictus”.Sul fronte della terapia, invece, gli scienziati svedesi stanno studiando i meccanismi che regolano la risposta del sistema immunitario all’ateroscelorosi. “Abbiamo visto”, ha detto Hansson, “che le cellule immunitarie una volta attivate possono produrre ‘molecole segnale’ chiamate citochine che scoraggiano il processo aterosclerotico. Queste molecole potrebbero essere un ottimo bersaglio per terapie che riducano il rischio di ictus”.Ma le linee di ricerca dell’Evgn sono molte. Per esempio quella che studia le cellule progenitrici endoteliali (Epc), cellule staminali adulte presenti nel midollo spinale che possono dare luogo a cellule dell’endotelio – lo strato di cellule che ricopre le pareti interne dei vasi sanguigni – e possono prendere parte direttamente alla formazione dei nuovi vasi. Per testare questa ipotesi due centri di ricerca, a Francoforte e Amburgo, stanno conducendo trial su pazienti che hanno subito un infarto acuto del miocardio. “Non sappiamo come sono regolate le Epc nei pazienti e vogliamo capire come si differenziano in cellule endoteliali e nei nuovi vasi”, dichiara Stefanie Dimmeler dell’Università di Francoforte. “Per questo i laboratori dell’Evgn stanno caratterizzando le Epc di 500 pazienti. Confrontando i risultati ottenuti su individui sani e su quelli che hanno subito un infarto – e mettendoli insieme a quelli già ottenuti su cellule staminali embrionali da Elisabetta Dejana dell’Ifom di Milano – saremo in grado di capire come aiutare il processo di formazione dei vasi sanguigni. I primi risultati ci dicono che i pazienti le cui arterie sono danneggiate hanno un numero inferiore di Epc rispetto ai volontari sani”. Ma l’endotelio stesso potrebbe diventare un target terapeutico. In presenza di “disfunzioni” le sue cellule infatti possono mandare segnali che inducono, per esempio, il restringimento del diametro del vaso oppure una produzione maggiore di proteine infiammatorie. Insomma i segnali chiave per dare inizio al processo di ateriosclerosi. Al contrario, quindi, il mantenimento delle funzioni endoteliali al livello normale potrebbe garantire il ritardo dell’infiammazione vascolare e quindi dell’esordio dei sintomi a essa correlati.

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