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Primi passi per Nemo

Il primo passo per la realizzazione di Nemo, il telescopio sottomarino per neutrini frutto di un progetto dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e cofinanziato dal ministero della Ricerca, è stato compiuto. Si è infatti svolta senza problemi l’operazione marina durata dal 9 al 18 dicembre scorsi durante la quale è stata completata l’installazione dell’apparato Nemo Fase-1 a 2100 metri di profondità, al largo di Catania, nel “test site” sottomarino dei Laboratori Nazionali del Sud (Lns) dell’Infn.

Nemo Fase-1 è un apparato collegato a un cavo elettro-ottico (già installato nel “test site”), il quale consente di fornire alimentazione elettrica alla strumentazione sottomarina e di trasmettere i dati su fibra ottica alla stazione di terra che si trova nel porto di Catania. Esso è costituito da una junction box, che è il nodo che permette di distribuire la potenza e i canali per i dati verso più utenze, e da una struttura a torre, sulla quale sono montati i sensori ottici necessari a rivelare le tracce delle particelle cosmiche; ma anche tutti i sensori per la caratterizzazione completa dell’ambiente sottomarino in cui il rivelatore è installato. Inoltre, un insieme di trasmettitori e ricevitori acustici consente di conoscere istante per istante con una precisione dell’ordine dei dieci centimetri la posizione di ogni elemento della torre.

Nemo, che avrà le dimensioni di un chilometro cubo e che sarà collocato, nella sua sede definitiva, a 3500 metri di profondità, nel mare al largo di Capo Passero in Sicilia avrà quindi il compito di rilevare i neutrini. Che “per la loro probabilità estremamente bassa di interagire con la materia non vengono assorbiti dalla radiazione di fondo e attraversano imperturbati regioni che sono opache alla radiazione elettromagnetica, come l’interno delle sorgenti astrofisiche”, spiega Emilio Migneco, direttore dei Laboratori Nazionali del Sud.

“Inoltre, essendo particelle neutre, non subiscono deflessioni causate dai campi magnetici galattici e intergalattici che impedirebbero di risalire alla direzione di provenienza”, continua Migneco: “Per questo per osservare queste particelle così sfuggenti c’è la necessità di realizzare rivelatori di dimensioni enormi: le stime teoriche indicano che un telescopio per neutrini di alta energia debba avere un volume di almeno un chilometro cubo. Inoltre, per schermarsi dalla pioggia di radiazione cosmica che bersaglia la Terra, questi rivelatori devono essere installati in luoghi fortemente schermati”. Una possibile soluzione, allora, è quella di utilizzare grandi volumi di un mezzo naturale, come appunto l’acqua. (f.f.)

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