Un ‘farmaco’ che non è affatto un farmaco. È il caso del Vidatox, il sedicente antitumorale omeopatico ottenuto dal veleno dello scorpione azzurro Rhopalurus junceus. Una storia che si snoda tra Cuba, Albania, San Marino e Italia. A L’Avana, infatti, si trova la sede di Labiofam, l’azienda farmaceutica che produce il Vidatox. In Europa il preparato viene prodotto dalla Pharma-Matrix, una azienda trapiantata a Tirana dall’imprenditore Francesco Matteucci. Nei giorni scorsi un carico di oltre 200 flaconi di Vidatox diretti a San Marino è stato scoperto e bloccato dalla Guardia di Finanza di Bari.
Attualmente, se si esclude un documento di Labiofam, non esistono studi scientifici che provano l’efficacia del Vidatox. Eppure, migliaia di italiani malati di cancro in cerca disperata di una cura si sono affidati al controverso antitumorale e assicurano addirittura di averne tratto beneficio. Ha senso, dunque, che le autorità sanitarie indaghino sulla natura di questo pseudo-farmaco per capire se è efficace o no? Galileo lo ha chiesto a Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche ‘Mario Negri’.
Professor Garattini, il Vidatox viene spesso definito un ‘farmaco’. È giusto utilizzare questo termine?
“I prodotti farmaceutici sono esclusivamente quei prodotti che vengono approvati dall’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) o dall’Ema (European Medicines Agency). Il Vidatox non è mai stato sottoposto ai criteri di valutazione di queste istituzioni. Perciò, è assolutamente sbagliato definirlo un farmaco. Purtroppo, viene utilizzato e sponsorizzato come se lo fosse. Lo ribadisco, l’estratto dello scorpione azzurro non può essere considerata una medicina antitumorale. Pertanto, la sua vendita come tale è illecita”.
L’oncologo Francesco Schittulli ha chiesto al ministro della Salute Fazio di verificare l’efficacia del prodotto. Verranno mai effettuati dei test per capire se il Vidatox è nocivo?
“No, perché non rientra tra i compiti delle autorità. L’obbligo di determinare la nocività o meno di un presunto farmaco spetta a chi lo vuole produrre. Non ha alcun senso testare la sicurezza di un preparato dopo che questo è già stato diffuso illegalmente. Così si sovvertono i criteri della legge: è chi ha intenzione di commercializzare un farmaco a dover presentare in anticipo una documentazione di tipo preclinico. Si tratta di un rapporto dettagliato che include i risultati delle prove di tossicità condotte utilizzando il principio attivo del prodotto. Per arrivare ai test clinici bisogna seguire ulteriori procedure, che prevedono l’invio di un dossier completo all’Aifa o all’Ema. Se il documento viene approvato, allora si può procedere alla sperimentazione“.
Il Vidatox viene presentato come un preparato omeopatico. È questa una delle ragioni che lo rende poco credibile come farmaco?
“Qui entriamo nel terreno della medicina non ufficiale. Coloro che sostengono l’omeopatia dicono che i prodotti ispirati a questo principio sono fortemente osteggiati dal mondo accademico. Parlano di un pregiudizio di base, accresciuto dal fatto che Cuba è un paese non accreditato scientificamente e che l’industria farmaceutica si oppone al solo scopo di tutelare i propri guadagni. Dobbiamo ricordare a queste persone che non esistono studi che dimostrino l’efficacia del Vidatox. Come ho detto prima, non è compito della comunità scientifica fornire delle prove, bensì di chi vuole commercializzare il prodotto. Dobbiamo fare molta chiarezza su questo punto, perché corriamo il rischio di imbatterci in un altro caso Di Bella“.
Eppure molti italiani credono che il Vidatox possa aiutarli a combattere i tumori. Cosa dire a questi malati?
“Comprendo la disperazione di chi è colpito da una grave malattia e teme che non ci sia più niente da fare. In queste situazioni, un paziente è spinto ad affidarsi a qualsiasi promessa di guarigione. Ma queste persone vanno messe in guardia. Il Vidatox non è la panacea che può risolvere i loro problemi. Inoltre, si tratta di un prodotto circondato da molta ambiguità. In origine veniva distribuito gratis a Cuba. Poi una ditta situata in Albania ha ottenuto una licenza di distribuzione e ha iniziato a venderlo spacciandolo come antinfiammatorio e antidolorifico. Un carico di Vidatox di contrabbando è stato addirittura sequestrato mentre era diretto verso una clinica di San Marino. Di fronte a un caso del genere, lo Stato non può fare altro che mettere in guardia le persone e convincerle a diffidare di questi ciarlatani”.